La Commissione Europea ha pubblicato i risultati di un’analisi sull’impatto economico del software e dell’hardware open source sull’economia della UE. Secondo lo studio, le aziende dell’Unione hanno investito circa 1 miliardo di euro in software open source nel 2018, con un impatto positivo sull’economia stimato tra i 65 e i 95 miliardi di euro. Guardando al futuro l’analisi prevede che un aumento del 10% dei contributi al codice del software open source genererebbe annualmente un PIL aggiuntivo tra lo 0,4% e lo 0,6%, e alla nascita di più di 600 startup europee nel settore ICT nell’UE.

Nell’ottobre 2020 la Commissione ha lanciato una nuova strategia per il software open source 2020-2023, che incoraggia a sfruttare ulteriormente il potenziale trasformativo, innovativo e collaborativo dell’open source, in vista del raggiungimento degli obiettivi della strategia digitale globale della Commissione e del programma Digital Europe. La strategia della Commissione pone un accento particolare sulla condivisione e il riutilizzo di soluzioni software, conoscenze e competenze, e l’aumento dell’uso dell’open source nelle tecnologie dell’informazione e in altre aree strategiche.

Il gap tra hardware e software Open Source

Dallo studio emerge che, mentre il software open source (OSS) è diventato mainstream in tutti i settori dell’industria del software negli ultimi dieci anni, il livello di maturità dell’hardware open source (OSH) è attualmente molto più basso. Tuttavia, l’ecosistema aziendale per la OSH si sta sviluppando rapidamente e “se l’OSH deve seguire lo stesso sviluppo dell’OSS, potrebbe costituire una pietra angolare del futuro Internet of Things (IoT), il futuro dell’informatica e la trasformazione digitale dell’industria europea alla fine del decennio digitale”.

L’obiettivo dell’analisi era indagare e quantificare l’impatto economico di OSS e OSH sull’economia europea. Lo studio ha anche identificato punti di forza e di debolezza, opportunità e sfide dell’open source in politiche ICT come cybersecurity, intelligenza artificiale, digitalizzazione dell’industria europea, lauto connesse, calcolo ad alte prestazioni, big data.

L’Open Source come bene pubblico

L’indicazione principale che emerge dall’indagine è l’identificazione dell’open source come bene pubblico. “Ciò mostra un cambiamento di paradigma rispetto alla precedente differenza inconciliabile tra closed e open source e indica una nuova era in cui le aziende digitali sono costruite utilizzando risorse open source”, si legge nel documento. “Queste informazioni sono essenziali per sviluppare azioni politiche nel campo”.

Per tradurre in pratica tali osservazioni, lo studio propone una serie di opzioni strategiche per massimizzare i vantaggi dell’open source a sostegno di un’industria europea del software e dell’hardware competitiva, che a sua volta possa sostenere la doppia trasformazione ambientale e digitale dell’economia dell’UE.

Nel specifico del settore pubblico, per esempio, i casi di studio esaminati rivelano che acquistando software open source anziché software proprietario, la PA potrebbe ridurre il costo totale di proprietà, evitare il lock-in del fornitore e quindi aumentare la propria autonomia digitale.

Ci sono chiari segnali da parte degli investitori sull’enorme valore e potenziale dell’open source. Potrebbero essere necessarie politiche per massimizzare il ritorno in Europa di questo valore”. Secondo la Commissione i risultati dello studio potranno essere utilizzati, a breve termine, come base per scelte politiche in molte aree digitali. L’obiettivo sul lungo periodo è rafforzare la dimensione dell’open source nello sviluppo di future politiche software e hardware per l’industria europea.