Nella “Salesforce economy” italiana, che secondo IDC creerà oltre 93mila posti di lavoro e 28,6 miliardi di euro di fatturato nei prossimi 5 anni, il ruolo di MuleSoft sta crescendo continuamente. La filiale italiana della specialista di integrazione applicativa, acquisita da Salesforce nel 2018, ha recentemente tenuto il suo secondo Summit per clienti e partner, con Lamborghini, Unione Fiduciaria e APSS Trento come testimonial (in quello dell’anno scorso avevano parlato Safilo e Brunello Cucinelli). Evento che è stato l’occasione per fare il punto sull’andamento e sui piani di MuleSoft in Italia con Davide Andreoni, Regional Vice President Italia.

Quali sono oggi le dimensioni di MuleSoft in Italia?

La penetrazione nel mercato e la brand awareness stanno crescendo in modo importante, e Salesforce sta investendo molto sul go-to-market di MuleSoft. In due anni che sono responsabile per il mercato italiano, il team di MuleSoft è più che triplicato: oggi rappresenta più del 10% della struttura Salesforce in Italia, e nel prossimo fiscal year è prevista una crescita del 60%. Nella struttura italiana sono rappresentate tutte le funzioni a supporto del business: marketing, lead generation, vendita, prevendita, solution engineering, servizi professionali, e customer success. Quest’ultima funzione in particolare è tipica di MuleSoft fin da prima dell’acquisizione Salesforce. MuleSoft assegna a tutti i clienti che acquisisce – direttamente o tramite partner – un customer success manager, che è il primo garante della riuscita del progetto, e affianca il cliente in tutto il suo percorso. È una figura ben diversa dall’account executive, e non fa parte dei servizi professionali.

Quanti clienti avete in Italia?

Anche la base clienti è cresciuta tantissimo, circa 5 volte negli ultimi 2 anni: prevediamo di chiudere l’esercizio in corso con oltre 80 clienti, ma altrettanto interessante è il fatto che l’Italia è uno dei paesi al mondo con attrition più bassa. I clienti che ci scelgono continuano a investire su MuleSoft nel tempo.

Esiste un canale di vendita indiretta ad hoc per MuleSoft in Italia, e quali dimensioni ha?

Esiste un canale ad hoc, che influenza oltre l’80% del fatturato che realizziamo: i partner in Italia al momento sono più di 20. Alcuni sono titolati a vendere anche licenze, altri si focalizzano sulla componente progettuale. MuleSoft lavora sia con partner storici, precedenti all’acquisizione di Salesforce, come Florence Consulting (con sede centrale a Firenze, ndr) e Thread Solutions (Trento), sia con system integrator che fanno parte dell’ecosistema di Salesforce, ne cito solo alcuni per dare l’idea: Accenture, Pricewaterhouse, Deloitte, NTT Data.

Oggi ci sono oltre 400 persone certificate nell’ecosistema dei partner italiano, in crescita a doppia cifra ormai da 3 anni: l’Italia nell’ultimo anno fiscale è stata la country a crescita più alta in tutta la regione EMEA. Le certificazioni a più forte crescita sono quelle degli Architect (Platform Architect e Integration Architect, ndr), e questo è un segnale indicativo di come stia evolvendo il canale italiano. L’architetto senza nulla togliere agli altri certificati è la figura essenziale per il successo dei progetti: la fase di definizione dell’architettura per la tecnologia MuleSoft è fondamentale, se è fatta bene consente di sfruttare al 100% le sue caratteristiche, distinguendola dalla pletora di tool di integrazione che affollano il mercato.

In quanti progetti MuleSoft è coinvolta direttamente?

Nella fase di prevendita, in cui i partner propongono ai clienti la componente MuleSoft, siamo coinvolti quasi nel 100% dei casi. Nelle fasi successive partecipiamo direttamente a circa il 20% dei progetti con i nostri servizi professionali, con vari livelli di coinvolgimento: a volte solo per la fase di disegno dell’architettura, a volte anche nell’implementazione e sviluppo delle API.

Quali benefici ha avuto MuleSoft dall’entrata nel mondo Salesforce?

Al momento il parco clienti MuleSoft in Italia è meno del 10% di quello di Salesforce, quindi ci sono ampie opportunità di fare sinergie, facendo leva sulle relazioni già esistenti di partnership e fiducia, e di sfruttare la potenza di fuoco già consolidata anche in termini di ecosistema e marketing. I clienti sono molto interessati a realizzare il concetto di “customer 360”, di visione completa del cliente, portando in Salesforce dati provenienti da sistemi eterogenei, con informazioni spesso disperse in vari silos, e qui MuleSoft è un acceleratore molto importante. Mark Benioff, il fondatore e CEO di Salesforce, dice spesso che MuleSoft è il cuore e l’anima del “Customer 360”.

Può dare un esempio dei benefici nell’adozione di MuleSoft in un progetto italiano?

Nel settore fashion retail ci sono diversi clienti in Italia che hanno ottenuto benefici facilmente misurabili. Uno è l’accelerazione del ciclo di sviluppo e delivery di nuove app, con riduzioni di tempi tra il 50% e l’80%. Un altro è l’efficientamento della manutenzione, i cui costi si riducono di circa il 70%, grazie al riutilizzo, effetto che ovviamente è nullo nel primo progetto e aumenta con il numero di progetti. Il calcolo di queste metriche è condiviso con il cliente. Abbiamo un servizio di prevendita, che si chiama collaborative value assessment e si basa su dati della nostra base clienti anonimizzati e suddivisi per settore, con metriche certificate, basate su progetti veri e già realizzati in ciascun settore.

Quali sono le principali esigenze delle aziende italiane che oggi si rivolgono a MuleSoft?

Parlando con i CIO italiani, tre temi ricorrono molto spesso. Accelerare, innovare, e ridurre i costi acquistando nel contempo agilità e capacità di scalare. Insomma fare di più con meno. In questo noi riusciamo a posizionarci in modo differenziante: parliamo ai CIO di aziende componibili, di API-led connectivity, di riutilizzo di risorse già sviluppate, tutti elementi prioritari per loro in questo momento.

Per ora sul mercato italiano vediamo un gran numero di iniziative tattiche. Molti CIO ci dicono di vedere chiaramente la funzione di MuleSoft come abilitatore della trasformazione digitale, ma per ora ci chiedono di risolvere problemi contingenti, come far parlare un sistema SAP e uno Salesforce, o scalare un sistema legacy con molte integrazioni punto-a-punto. Per ora prevalgono questi tipi di progetto, che comunque sono propedeutici a quelli strategici, che arriveranno e per i quali siamo ben posizionati. Il mercato si sta consolidando, con acquisizioni, fusioni e spinoff: le aziende utenti non si accontentano più di soluzioni di integrazione che fanno una cosa sola, come l’ETL o l’API manager, vogliono una piattaforma completa che faccia parlare le applicazioni in modo trasparente.