Nel 2020 molte aziende si sono trovate a dover implementare velocemente servizi digitali per far fronte alle trasformazioni imposte dalla pandemia. Dalla necessità di vendere su canali digitali all’abilitazione del lavoro da remoto, dalle mutate esigenze di logistica alla nuova organizzazione del lavoro in presenza, sono stati messi in campo o riadattati software e servizi, sfruttando spesso le potenzialità del cloud in termini di velocità di implementazione e semplicità di gestione.

Per integrarsi in una strategia digitale coerente, questi software e servizi devono integrarsi tra loro e con i sistemi aziendali, oltre che per garantirne l’effettiva funzionalità, anche per fare tesoro delle informazioni che si ottengono dall’incrocio dei dati per migliorare la comprensione, ottimizzare le risorse e creare – in un circolo virtuoso – nuovi servizi digitali.

Per inquadrare meglio sfide e opportunità poste dall’integrazione dei dati e dei servizi nel contesto attuale, abbiamo intervistato Fabio Invernizzi, che è Sales Director, EMEA South di Boomi, azienda del gruppo Dell che con la sua soluzione di Integration Platform as-a-Service è specializzata proprio nell’interconnessione e integrazione di sistemi aziendali, on-premises e in cloud.

CWI: Nella corsa all’attivazione di servizi digitali che le aziende hanno affrontato in questi mesi, quali sono state le richieste più frequenti e importanti in termini di integrazione di servizi?

Fabio Invernizzi: In quest’ottica di forte cambiamento effettivamente c’è stata una grande rincorsa all’implementazione di nuovi servizi digitali con conseguente modernizzazione applicativa e la ricerca di strumenti che permettessero di abilitare queste trasformazioni nei tempi e nei costi compatibili con le nuove esigenze di business.

Fabio Invernizzi, Sales Director EMEA South di Boomi

Fabio Invernizzi, Sales Director EMEA South di Boomi

Fra le maggiori richieste dei clienti, citerei il poter iniziare a vendere velocemente su nuovi canali digitali (online market place), l’integrazione rapida di nuovi business partner (per esempio, la gestione dell’ultima miglio sulla logistica, sistemi di pagamenti online, supporto digitale al cliente) e la digitalizzazione di processi per adattarsi alla nuova realtà di lavoro da casa (on-boarding dei dipendenti, il rientro in ufficio controllato e gestito). Più in generale, una grossa necessità di modernizzazione dei processi e di conseguenza dell’ecosistema IT.

CWI: Quali sono le principali difficoltà dell’integrazione, e in che modo Boomi può aiutare le aziende a superarle?

F.I: Il tema dell’integrazione di dati e applicazioni è da sempre attuale in qualsiasi tipo di organizzazione, lo è diventato ancora di più in questi anni in cui si sta passando da un mondo applicativo on-premise a un modello sempre più cloud ibrido o, addirittura, pienamente cloud. Ma questo è solo il punto di arrivo, la parte interessante sta più a monte nell’organizzazione.

A oggi, una buona parte delle organizzazioni possiede una strategia di trasformazione digitale ben delineata, con il management, i team di ICT and le linee di business direttamente coinvolte nello sviluppo e supportate da uno a più advisor tecnologici o business partner. Facendo un esempio, in ambito retail, iniziative come Social Selling, Omni-channel e Customer 360 sono ispirate dalla trasformazione digitale (o forse sarebbe meglio dire abilitate e accelerate), e da un’economia sempre più connessa e sempre più basata sui dati. Ovviamente, tutto ciò ha delle forti ripercussioni sullo strato applicativo e architetturale che sono gli abilitatori, da un punto di vista tecnico, delle iniziative di trasformazione.

L’esplosione del numero di applicazioni eterogenee necessarie, non solo a far funzionare un’azienda ma soprattutto a implementare le iniziative di cui sopra, unita alla crescita esponenziale del numero di sorgenti di dati esterni che le aziende utilizzano e alla necessità di far coesistere un nuovo modello real-time con il classico modello batch, ha reso ancora più importante e pervasiva l’integrazione dei dati, dei processi e delle applicazioni: un ecosistema piuttosto complesso. È la crescente importanza del business digitale a spingere oggi le organizzazioni ad affrontare uno sforzo di integrazione molto maggiore, sforzo rispetto al quale i paradigmi e i sistemi di ESB (Enterprise Service Bus) tradizionali mostrano il limite, dato che sono nati principalmente per ambienti on-premise.

In questo contesto, il concetto di Hybrid Integration Platform (HIP) assume un’importanza vitale, introducendo un nuovo paradigma nell’ambito dell’integrazione e spesso affiancandosi all’ESB già presente in azienda, e supportando ed abilitando, nei tempi e nei costi imposti dal business, le iniziative di trasformazione digitale.

Il vantaggio di una HIP è che permette di collegare qualsiasi end-point digitale, dalle applicazioni cloud, i sistemi on-premise, i data store, fino ai dispositivi IoT. Ma non c’è solo questo, diventa fondamentale poter anche trovare, catalogare e rendere qualitativamente affidabili i dati, eliminarne i silos e mantenere i dati consistenti in tutto l’ecosistema, poter esporre e scambiare dati in maniera sicura con partner e clienti (per esempio tramite API o EDI), automatizzare i processi di business e costruire il cosiddetto Customer Journey.

Il fatto che ci differenzia è la velocità con cui siamo in grado di gestire la complessità di cui sopra, grazie a un tool che nasce completamente visuale e permette di ridurre il tempo di progetto fino al 70%, come dimostrano i casi realizzati con i nostri clienti. La nostra è una piattaforma completa e scalabile, erogata as-a-service e che supporta la strategia IT e i progetti di trasformazione, attuali e futuri.

Oltre alla piattaforma, un importante differenziante sono i servizi a contorno offerti da Boomi o dai nostri partner. Per citarne uno, il Boomi ICoE (Integration Center of Excellence), un insieme di pratiche, modelli organizzativi e architetturali, per poter creare rapidamente un centro di eccellenza per l’integrazione all’interno dell’organizzazione.

CWI: Molti vendor IT che sviluppavano in passato solo soluzioni verticali “best of breed”, oggi propongono invece soluzioni che mirano a soddisfare tutte le esigenze dei sistemi aziendali (Erp, Crm, HR, database…) con soluzioni nativamente integrate, anche se con funzionalità e prestazioni non omogenee su tutto il portfolio. Quali sono i fattori pro e contro da considerare nella scelta tra integrazione di soluzioni multi vendor rispetto a una suite unificata? E davvero questa non richiede integrazione?

F.I: Il mercato applicativo è ricchissimo di proposte estremamente valide, sia con un approccio best-of-breed (quindi verticali) che con un approccio best-of-suite (quindi suite applicative che possiamo definire nativamente integrate). Nella maggioranza dei casi, anche adottando le ultime, e quindi potenzialmente con un minore sforzo di integrazione, ci sono due fattori da considerare: il primo è che l’ecosistema applicativo è in genere ben più ampio di quello che la suite stessa sta indirizzando, e quindi comunque si trova di fronte alla necessità di integrare applicazioni o dati al di fuori della stessa. Il secondo, che vale anche per un approccio best-of-breed, è che molti software vendor propongono il proprio tool di integrazione, con il rischio di ritrovarsi con molteplici strumenti di connessione applicativa, a volte non sufficientemente maturi, e con un grande rischio in termini di vendor lock-in.

La piattaforma di integrazione deve far parte di un’accurata software selection, la stessa che si fa per l’adozione di un’applicazione, questo perché non è più “di cui” che può essere relegato al vendor applicativo ma è invece un elemento chiave che deve avere una propria identità.

Tutto ciò assume maggior importanza in organizzazioni dove il mondo applicativo varia velocemente: quante aziende stanno spostando il proprio focus applicativo intorno al CRM quando prima tutto girava intorno (o dentro) l’ERP? E cosa accadrà nel futuro? Meglio essere pronti e poter essere flessibili. Ed è proprio in questi scenari, a mio avviso, che l’approccio all’integrazione deve essere agnostico rispetto ai vendor applicativi, con l’obiettivo di disaccoppiare il vendor applicativo dal vendor della piattaforma di integrazione.

CWI: Quali sono i vantaggi e svantaggi dell’unificare i dati attraverso il cloud invece che poggiare su una infrastruttura interna?

F.I: Dipende sempre dall’approccio che porta più benefici. Ci sono modalità di integrazione cloud-to-cloud, cloud-to-on-premises e on-premises-to-on-premises (quindi tutto su infrastruttura interna). Dotarsi di uno strumento di integrazione moderno vuol dire poter indirizzare qualsiasi paradigma di integrazione. Boomi disaccoppia la fase di disegno del processo di integrazione dalla fase di esecuzione dell’integrazione stessa. Questo perché da una parte c’è la piattaforma, basata sul cloud ed erogata as-a-service, dove vengono configurati i processi, e dall’altra c’è il nostro run-time brevettato (chiamato Atom) che può essere installato dove serve (cloud pubblico, cloud privato, on-premise, su device IoT eccetera), e che esegue fisicamente i processi che sono stati definiti sulla piattaforma.

Se per esempio devo integrare applicazioni che sono 100% cloud-based, avrà forse più senso utilizzare un modello di integrazione cloud-to-cloud, installando quindi l’Atom su una nuvola pubblica (per esempio, Boomi Atom Cloud, AWS, Azure, Google Cloud Platform…), non dovendo quindi far transitare i dati dal datacenter. Viceversa, in un contesto ibrido, avrà forse più senso installare il run-time nel datacenter, così da poter raggiungere in tutta sicurezza sia le applicazioni on-premise che quelle cloud.

CWI: Quali sono le ultime novità e le priorità di Boomi per il 2021?

F.I: A livello globale, dove abbiamo circa 13.000 clienti attivi, la priorità è quella di continuare a offrire ai nostri clienti il livello di soddisfazione più elevato sul mercato in cui operiamo, ad oggi già al 97%.

L’innovazione per noi è un processo continuo, basti pensare che rilasciamo 11 versioni di prodotto all’anno, senza alcun impatto sui nostri clienti. Per l’Italia, la priorità è quella di consolidare ancora di più la nostra posizione di mercato e il nostro network di partner sul territorio, oltre ad accrescere la collaborazione con altri vendor applicativi.