Nel corso del 2020 la tecnologia è stata un’ancora di salvezza per molte aziende. Durante la pandemia Covid-19 le persone hanno allestito uffici da casa e i team sono rimasti connessi e la tecnologia che, probabilmente, ha avuto un impatto maggiore su questo cambiamento è stata la videoconferenza.

Con l’arrivo del 2021, le videoriunioni sono diventate parte della vita aziendale in un modo che sarebbe stato impensabile un anno fa. Zoom, che era una piattaforma precedentemente nota solo a chi la utilizzava per lavoro, è diventato così diffuso che è quasi sinonimo di “videoconferenza”.

Lo scorso febbraio Zoom ha annunciato di aver aggiunto più nuovi utenti nei primi due mesi del 2020 rispetto a tutto il 2019; ad aprile vantava 300 milioni di utenti giornalieri (tra i quali figura anche la regina d’Inghilterra).

Non è stata l’unica piattaforma di videoconferenza a registrare livelli di crescita senza precedenti. A giugno Microsoft ha dichiarato che l’utilizzo della sua piattaforma Teams aveva superato Zoom e ha rinforzato Teams con nuove funzionalità durante tutto l’arco dell’anno.

Da aprile Zoom non ha più rilasciato statistiche aggiornate sugli utenti. Durante la call sugli utili del primo trimestre 2021 il CEO di Microsoft Satya Nadella ha affermato che Teams ha superato 115 milioni di utenti attivi al giorno. Google Meet, il servizio di videoconferenze di Google, ha circa 100 milioni di utenti ogni giorno.

Sebbene ciascuna delle aziende conti utenti, riunioni, partecipanti e sessioni in modo diverso per evidenziare i propri successi, la conclusione è chiara: la videoconferenza è qui per restare. La pandemia purtroppo si protrarrà anche nel 2021 e molti dipendenti hanno affermato che preferirebbe non lavorare esclusivamente dall’ufficio, anche quando sarà sicuro farlo.

In questo contesto e con le aziende che comprendono meglio come sfruttare il potere del video per la collaborazione e la produttività, ecco quali evoluzioni possiamo aspettarci nel 2021 nei sevizi di videoconferenza.

Cosa vogliono gli utenti?

All’inizio dell’emergenza, quando i lavoratori si sono ritrovati chiusi in casa dall’oggi al domani e hanno allestito uffici improvvisati, le aziende che non disponevano già di una piattaforma di videoconferenza consolidata ritenevano che le funzionalità necessarie fossero relativamente poche: serviva uno strumento facile da usare, efficace e che permettesse ai team di restare in contatto.

Mentre Zoom, Teams, Google Meet e Webex e altri hanno rilasciato nuove funzionalità nel 2020, l’attenzione si è concentrata principalmente sul miglioramento dell’esperienza utente di base, non sul lancio di funzionalità inutilmente appariscenti.

Microsoft Teams together

La modalità Together di Teams offre “scenari” virtuali per creare un’atmosfera più naturale nelle videoriunioni

Integrazione con intelligenza artificiale e realtà aumentata

Oggi la maggior parte delle aziende dispone di una strategia consolidata e richiede funzionalità più innovative per migliorare l’esperienza del lavoro a distanza.

Wayne Kurtzman, direttore di ricerca presso IDC, afferma che le aspettative saranno guidate dalle esperienze degli utenti su altre piattaforme e applicazioni.

Per esempio, le visualizzazioni dei dati che utilizzano la realtà aumenta potrebbero essere molto importanti in un contesto aziendale”, sostiene l’analista. “Oppure si potrebbe fare in modo di ridurre automaticamente una riunione di un’ora a cinque minuti per ogni utente. Anche questo livello di intelligenza artificiale si rivela molto prezioso”.

A questo si aggiunge la capacità di cercare automaticamente i documenti rilevanti durante una riunione, che permette di lavorare più velocemente e in modo più intelligente. Kurtzman ritiene che nei prossimi anni le tecnologie emergenti troveranno sempre più spazio sulle piattaforme di videoconferenza.

Non si tratta solo della realtà aumentata, ma di strumenti intelligenti per trovare documenti, la capacità di identificare le persone menzionate alle riunioni o di programmare automaticamente le cose da fare”, spiega Kurtzman. “Sono funzionalità che mi aspetto di vedere nel 2021, almeno da alcuni fornitori”.

Raul Castanon, analista di 451 Research S&P Global Market Intelligence, concorda con Kurtzman e osserva che le funzionalità AI di base sono già state integrate dai principali fornitori di servizi di videoconferenza.

Diventeranno funzionalità standard su tutte le piattaforme, perché aggiungono molto valore”, afferma Castanon. “Nello specifico, penso alla trascrizione in tempo reale, alla sintesi delle riunioni e alla capacità di riconoscere i punti salienti”.

I video potrebbero inoltre essere incorporati in strumenti come CRM o piattaforme utilizzate per il supporto tecnico, consentendo agli addetti all’assistenza IT di fornire un aiuto migliore e più personalizzato ai clienti.

Lavagne integrate

Per Mike Fasciani, direttore di ricerca presso Gartner, avere ciò che definisce un “pannello di collaborazione visiva” – ovvero una tecnologia integrata di lavagna virtuale – in futuro sarà una priorità per molti acquirenti.

Sebbene molte piattaforme offrano già funzionalità base per la lavagna, non soddisfano ancora le reali esigenze di collaborazione degli utenti. Negli incontri fisici, le persone sono in grado di creare uno storyboard o una traccia visiva di note e idee. “Ricreare questa sensazione di persone che si alzano dalle loro sedie per scarabocchiare idee su una lavagna è ‘una tessera del puzzle’ che i venditori finora non sono riusciti a emulare”, dice Fasciani.

E’ una funzione sempre più citata dagli acquirenti come necessaria per rendere il lavoro da remoto produttivo tanto quanto lavorare di persona con i colleghi”, aggiunge l’analista. “Abbiamo rilavato un crescente interesse per questo tipo di applicazioni”.

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La lavagna integrata in Cisco Webex

Sicurezza, sicurezza, sicurezza

Lo scorso aprile Zoom ha dovuto affrontare numerose critiche relative alla sicurezza, che vanno dalle preoccupazioni per il cosiddetto Zoom-bombing a un bug che ha consentito agli hacker di rubare le password di Windows. Inoltre la società è stata citata in giudizio in California con l’accusa che stava condividendo dati con Facebook, che Zoom ha respinto con forza.

I problemi di sicurezza erano così gravi che per risolverli Zoom ha interrotto lo sviluppo di nuove funzionalità per un periodo di 90 giorni.

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Oggi Zoom offre la crittografia end-to-end

Nello stesso periodo la società di ricerca sulla sicurezza CyberArk ha evidenziato una vulnerabilità in Teams; Microsoft ha risolto il problema prima che gli utenti subissero l’impatto. A giugno, Webex ha dovuto correggere un bug che consentiva ai criminali informatici di rubare i record delle riunioni dal servizio Webex di Cisco.

Quando si tratta di dare la priorità alla sicurezza o alle funzionalità durante le riunioni, Kurtzman afferma che le aziende hanno pareri contrastanti. “Tutti credono che la sicurezza sia la caratteristica principale, ma molte aziende devono gestire anche questioni di governance e conformità”.

Sappiamo che nel corso dell’anno aumenterà la spesa in prodotti di collaborazione, in particolare la collaborazione dei team e le videoconferenze”, afferma Kurtzman. “E’ probabile che anche le aziende che hanno tagliato i budget aumenteranno comunque la spesa per collaborazione, videoconferenze e sicurezza”.

Anche se la reputazione di Zoom ha subito qualche danno, la società è riuscita a risollevarsi. Secondo Fasciani, ciò è dovuto in gran parte al fatto che molti problemi sono stati causati dagli utenti finali che non hanno configurato correttamente le proprie impostazioni. “In generale”, afferma l’analista, “in tema di sicurezza i principali leader del mercato delle videoconferenze si trova in condizioni di parità”.

Le prossime sfide

Fasciani, Castanon e Kurtzman concordano sul fatto che una delle maggiori sfide che le aziende dovranno affrontare mentre si muovono verso un modello di lavoro ibrido sarà come “democratizzare una riunione”, ovvero come far interagire i partecipanti di persona e quelli da remoto.

Gli utenti da remoto, ai bei vecchi tempi in cui c’erano persone sedute in ufficio e altre collegati in teleconferenza, erano spesso esclusi dalla conversazione e avevano più difficoltà a dare il loro contributo”, dice Fasciani.

Il problema è stato risolto efficacemente quando tutti sono stati costretti a lasciare l’ufficio e ogni partecipante era da remoto. Nel 2021 la sfida sarà come mantenere questo equilibrio, una volta che alcune persone torneranno in ufficio. “Sarà interessante vedere cosa inventeranno i fornitori”.

Google Meet stanze

Google Meet permettere di suddividere la riunione in “stanze”

Con le aziende che attualmente pagano, in media, quattro diverse soluzioni di videoconferenza – una situazione che Kurtzman non ritiene sostenibile – i fornitori di videoconferenze devono riflettere attentamente su come aggiungere valore alla loro piattaforma. “Rendendo il loro software più ricco, attraverso la realtà aumentata o visualizzazioni migliorate, potrebbero raggiungere un punto in cui i dipendenti sono tutti sullo schermo, anche se si trovano nella stessa stanza”, suggerisce Kurtzman.

Se una forza lavoro ibrida implica una serie di sfide, Castanon evidenzia un altro problema con cui hanno dovuto confrontarsi le piattaforme video: la disponibilità del servizio. “Il problema numero dei primi sei mesi è stato l’affidabilità del servizio, poiché non tutti hanno a casa hanno la stessa stessa capacità di larghezza di banda”.

La maggior parte degli utenti incolpa la piattaforma, non la propria connessione, per una scarsa esperienza. Per questo alcuni fornitori hanno apportato modifiche per fornire agli utenti una migliore qualità del servizio, anche se la larghezza di banda di un utente è limitata.

La capacità di adattarsi a diverse condizioni di rete e dispositivo sarà ancora più rilevante con una forza lavoro distribuita”, dice Castanon, “perché stiamo parlando di molti endpoint distribuiti su diversi siti, con diverse condizioni di rete”.

Kurtzman riassume così la situazione. “Il 2020 è stato l’anno in cui le persone hanno iniziato a rendersi conto che Internet è un luogo e, ironia della sorte, è stato anche l’anno in cui abbiamo scoperto che il lavoro non è necessariamente un luogo”.