Facebook risparmia miliardi condividendo la tecnologia dei suoi data center
Mentre la nazione social di Zuckerberg fa parlare di sé per le nuove regole di convivenza a cui dovranno sottostare il suo miliardo e 400 milioni di abitanti, Facebook cerca modi nuovi per risparmiare e far fruttare la sua popolarità. Uno di questi passa dalla razionalizzazione dei data center, con l’introduzione di tecnologie innovative, più efficienti dal punto di vista energetico e più pronte alle esigenze dei suoi clienti.
Il progetto è ambizioso pure per un mastodonte come Facebook, al punto che per portarlo avanti in modo continuativo si è scelta la via dell’open source, coinvolgendo nel gioco chiunque abbia la forza di occuparsene. L’Open Compute Project è appunto questo, un’organizzazione no-profit indipendente per rendere ‘aperti’ anche hardware e infrastrutture di rete, mettendo a disposizione della community ogni innovazione tecnica in grado di migliorare le potenzialità dei data center e le modalità di progettazione della rete di Facebook, ottenendo in cambio preziosi contributi per lo sviluppo futuro.
In febbraio sono state per esempio pubblicate le specifiche del 6-pack, uno switch modulare realizzato con hardware open che ha risolto molti problemi di scalabilità e flessibilità che il numero uno dei social network si è trovato ad affrontare per inseguire la crescita disomogenea e imponente delle necessità dei suoi utenti.
Abbandonate le soluzioni standard, Facebook, come già facevano Google e Amazon, si è da tempo dotato di soluzioni progettate ad hoc, dagli switch al software basato su Linux per farli funzionare. In questo percorso l’Ocp si sta rivelando un grosso affare per la compagnia, che dichiara di aver risparmiato oltre 2 miliardi di dollari negli ultimi tre anni, grazie alle tecnologie ricavate dal contributo delle diverse migliaia di partecipanti al progetto, tra cui 200 aziende di primaria importanza.
L’originalità del 6-Pack
Al centro della nuova architettura di rete ideata da Facebook, il Six Pack è un rack composto da sei lame hot swap, che contengono otto switch da 16 porte a 40 Gigabit e due fabric card. Gli switch, denominati Wedge e presentati lo scorso autunno, si avvalgono di un set di applicazioni creato ad hoc, denominato Fboss, che rappresenta quasi un sistema operativo proprietario, in grado di gira su un sistema Linux.
Ogni 6-Pack costituisce il nodo di collegamento della rete Facebook secondo la topologia cosiddetta switched fabric, che assicura la flessibilità di cui il social network ha bisogno. Open sia dal punto di vista hardware che da quello software permette superare qualsiasi necessità di connessione combinando pochi elementi standard.
Un SoC insieme a Intel
Tra le aziende coinvolte nel progetto non poteva mancare Intel, con la quale Facebook ha sviluppato un System on a Chip che costituisce il cuore dei suoi server più veloci e innovativi, denominati in codice Yosemite, da non confondere con l’omonimo sistema operativo della mela. Si tratta di una soluzione destinata a suscitare un ampio interesse, essendo basata sulla nuova generazione di Xeon D, un SoC a 64bit in tecnologia a 14 nm, caratterizzato da un rapporto tra prestazioni e consumi particolarmente vantaggioso. Sia Yosemite che la scheda che ospita il SoC denominata Mono Lake, faranno parte del progetto Ocp, e la loro tecnologia sarà quindi messa completamente a disposizione della community.
l’Ocp si sta rivelando un grosso affare per FACEBOOK, che dichiara di aver risparmiato oltre 2 miliardi di dollari negli ultimi tre anni
I nuovi Xeon D-1520 e D-1540 sono SoC che integrano due porte 10GbE e un completo set di input/output, con PCIe, USB e SATA. È la prima volta che un sistema Xeon si rivolge ai sistemi data center a basso consumo, un settore finora dominato dall’architettura Arm.
Al lancio dei nuovi SoC Intel ha già presentato soluzioni dedicate per Cisco, HP e NEC, che secondo Intel dovrebbero garantire una velocità per nodo 3,4 volte superiore alla migliore soluzione Arm, con un rapporto prestazioni per watt superiore di 1,7 volte.
Minori consumi, maggiori guadagni
La nuova architettura, grazie alle schede server progettate con Intel, consente consumi davvero contenuti. Il progetto prevede che ogni nodo del server sia disegnato come un modulo plug-in con un singolo SoC da 65 watt, un controller di gestione e un’interfaccia per almeno un disco allo stato solido locale. Un’intera server card consuma quindi 90 watt e fornisce prestazioni molto elevate. In un singolo rack possono essere stipate fino a 192 di queste schede.
Il progetto Ocp, nei pochi anni dalla sua nascita, si sta rivelando un ottimo affare per Facebook, che oltre al gran numero di utenti attivi del social, deve gestire 500 milioni di utilizzatori del servizio di messaggistica e 300 milioni di persone che usano quotidianamente Instagram. L’innovativa architettura è stata già applicata nel nuovo data center di Altoona, negli Stati Uniti, e oggi consente un risparmio energetico annuale equivalente al consumo di 80 mila abitazioni e una riduzione di emissioni pari a quelle di 95 mila automobili.
Indubbiamente un modello da seguire e una fonte di ispirazione per qualsiasi progettista di data center.