IDC prevede l’impatto della crisi delle memorie sui mercati PC e smartphone

L’industria dei semiconduttori si trova davanti a una grave e prolungata carenza di chip di memoria, destinata ad avere effetti strutturali sull’intero mercato dei dispositivi elettronici. DRAM e NAND sono infatti diventate risorse critiche, con prezzi in rapida ascesa e disponibilità sempre più limitata, in una dinamica che appare come come il risultato di un cambiamento profondo nelle priorità produttive globali.
Il punto di rottura è rappresentato dall’esplosione dell’intelligenza artificiale su larga scala. I data center dedicati all’AI, in particolare quelli gestiti dai grandi hyperscaler, richiedono infatti quantità di memoria enormemente superiori rispetto ai dispositivi consumer. Server equipaggiati con GPU di fascia enterprise e acceleratori specializzati assorbono stack di HBM e moduli DDR5 ad alta capacità in volumi tali da drenare una quota crescente della capacità produttiva mondiale. In un settore dove gli impianti produttivi sono estremamente costosi e complessi da espandere, questa riallocazione non è affatto indolore.
Il risultato è che i principali produttori di memoria (Samsung Electronics, SK Hynix e Micron Technology) hanno progressivamente spostato investimenti, linee produttive e spazio nelle clean room verso soluzioni ad alto margine destinate all’AI. È una scelta razionale dal punto di vista industriale, ma ha un effetto collaterale evidente, ovvero meno wafer disponibili per la DRAM e la NAND “general purpose” utilizzate in smartphone, PC e notebook consumer. Ogni wafer dedicato a uno stack HBM per una GPU Nvidia è, di fatto, sottratto a un modulo LPDDR5X per uno smartphone di fascia media o a un SSD destinato a un laptop.
Questo spostamento segna una vera inversione storica. Per decenni sono stati proprio smartphone e PC a trainare l’espansione della produzione di memoria, mentre oggi il baricentro si è spostato verso l’infrastruttura AI e non si tratta di una transizione facilmente reversibile. Le nuove previsioni di IDC indicano infatti che nel 2026 la crescita dell’offerta di DRAM e NAND resterà sotto le medie storiche con incrementi annui rispettivamente intorno al 16% e al 17%, insufficienti a compensare una domanda che continua a crescere più velocemente.
Le conseguenze per il mercato dei dispositivi sono già evidenti. I prezzi dei chip di memoria sono aumentati in modo marcato e la loro disponibilità è diventata incerta, costringendo i produttori a rivedere strategie, configurazioni e politiche di prezzo, con il settore smartphone che diventa oggi uno dei più esposti. Negli ultimi dieci anni, il mercato aveva abituato i consumatori a una progressiva “democratizzazione” delle specifiche, con caratteristiche un tempo riservate ai top di gamma che scendevano rapidamente verso le fasce più accessibili. Questa tendenza rischia ora di interrompersi, se non addirittura di invertirsi.
La memoria rappresenta una voce fondamentale nel costo di uno smartphone. Nei modelli di fascia media può incidere fino a un quinto del costo totale dei componenti, mentre nei top di gamma resta comunque una percentuale a doppia cifra. Con l’aumento dei prezzi di DRAM e storage, i produttori devono quindi decidere se aumentare i prezzi al pubblico, comprimere le specifiche o accettare una drastica erosione dei margini. Per molti brand, soprattutto quelli focalizzati sui volumi e sulle fasce basse, l’ultima opzione non è sostenibile.
L’impatto, infatti, non sarà uniforme. I produttori con modelli di business basati su margini sottilissimi e con dispositivi Android orientati al mercato entry-level e mid-range, subiranno la pressione maggiore. L’aumento dei costi si tradurrà quasi inevitabilmente in prezzi più alti per il consumatore finale, con un effetto diretto sulla domanda. Al contrario, aziende come Apple e Samsung, pur non essendo immuni, godono di una maggiore protezione strutturale. La loro forza finanziaria e la capacità di siglare contratti di fornitura a lungo termine consentono di assicurarsi volumi di memoria con largo anticipo, attenuando l’impatto immediato della crisi.
Questa protezione, tuttavia, ha un prezzo in termini di evoluzione del prodotto. È probabile che i modelli premium del 2026 mostreranno una stagnazione nelle dotazioni di RAM, con configurazioni che rimarranno ferme a 12 GB invece di fare il salto verso i 16 GB. Anche il consueto calo dei prezzi dei modelli precedenti potrebbe rallentare, rendendo l’accesso alla fascia alta meno conveniente nel tempo. Nel complesso, il risultato atteso è una contrazione dei volumi globali accompagnata da un aumento dei prezzi medi di vendita, con mercati più sensibili al prezzo che vedranno cicli di sostituzione più lunghi.
Se il settore smartphone è sotto pressione, quello dei PC si trova davanti a una tempesta perfetta. La carenza di memoria si sovrappone alla fine del supporto di Windows 10 e alla spinta commerciale verso i cosiddetti AI PC. I produttori hanno già iniziato a segnalare aumenti generalizzati dei prezzi nella seconda metà del 2026, con rincari che potrebbero arrivare fino al 20%. In questo contesto, i grandi OEM globali sono avvantaggiati, grazie a volumi elevati e maggiore potere contrattuale lungo la catena di fornitura.
I produttori più piccoli, i brand locali e il mondo dei sistemi assemblati, inclusi molti PC da gaming fai-da-te, rischiano invece di essere schiacciati dalla combinazione di costi crescenti e scarsità di componenti. Paradossalmente, questo potrebbe favorire ulteriormente i big del settore, che avranno l’opportunità di sottrarre quote di mercato proponendo sistemi preassemblati come alternative più stabili e “sicure” in termini di disponibilità.
Il segmento degli AI PC è forse quello che evidenzia meglio le contraddizioni del momento. Questi sistemi, dotati di NPU dedicate per l’elaborazione in locale dell’IA, richiedono più memoria rispetto ai PC tradizionali (16 GB come soglia minima e una tendenza crescente verso i 32 GB). Proprio mentre l’industria spinge verso configurazioni più generose per supportare modelli IA locali, la memoria diventa più costosa e difficile da reperire. Si rischia quindi di vedere prezzi in forte aumento, margini compressi o, nel peggiore dei casi, configurazioni ridimensionate nel momento meno opportuno.
Nel breve periodo, una corsa all’accumulo di scorte dovrebbe sostenere le vendite a fine 2025, ma lo scenario che si profila per il 2026 è quello di un mercato tecnologico più costoso, meno generoso nelle specifiche e fortemente condizionato da una risorsa che fino a ieri sembrava abbondante e che oggi è invece diventata il nuovo collo di bottiglia dell’innovazione digitale.
(Immagine in apertura: Shutterstock)

