L’ultima ricerca condotta dall’IBM Institute for Business Value (IBV), basata su interviste a 1.700 Chief Data Officer globali (compresi 60 italiani), ha lanciato un monito cruciale. Mentre le aziende accelerano freneticamente l’integrazione dell’IA in ogni fibra operativa, i dati di fondo (il carburante essenziale per questa rivoluzione) si rivelano inadeguati.

Il dato più eclatante testimonia questo paradosso, visto che secondo l’81% dei Chief Data Officer la strategia sui dati è ormai perfettamente integrata con la roadmap tecnologica e gli investimenti infrastrutturali (+29% rispetto al 2023), segno di una maturità strategica acquisita. Tuttavia, la fiducia nella preparazione effettiva è drammaticamente bassa e solo il 26% dei CDO è sicuro che la qualità e la struttura dei dati aziendali possano realmente sostenere la creazione di nuovi flussi di entrate basati sull’IA.

Come ha sottolineato Ed Lovely, VP e CDO di IBM, il successo dell’IA su larga scala “dipende dalla capacità delle organizzazioni di alimentarla con i dati giusti.” La sfida per i Chief Data Officer si sposta quindi dalla semplice “gestione” alla creazione di un’architettura dati perfettamente integrata, capace di sbloccare valore e sostenere l’innovazione algoritmica.

Lo studio conferma una decisa evoluzione nel ruolo del Chief Data Officer, che non è più percepito come il mero custode della data compliance, ma come un vero e proprio stratega aziendale. La stragrande maggioranza (92%) dei CDO intervistati concorda sulla necessità di concentrarsi sui risultati di business per avere successo.

Nonostante questa ambizione, persiste una difficoltà strutturale nel dimostrare il valore. Solo un terzo dei CDO infatti concorda pienamente di poter descrivere in modo chiaro come i dati contribuiscano direttamente ai risultati aziendali, mentre appena il 29% dispone di metriche chiare per misurare il valore di questi risultati data-driven.

Chief Data Officer IA

Per i CDO italiani, le priorità strategiche vedono l’utilizzo dei dati per ottenere un vantaggio competitivo e l’integrazione di pratiche efficaci di governance e data management. A livello globale, l’efficacia di questo approccio è già visibile, con l’84% dei CDO che afferma che i propri data product proprietari hanno generato vantaggi competitivi significativi.

La sfida tecnica: dati non strutturati e governance immatura

Le ambizioni in materia di IA rimangono altissime, con l’81% dei CDO che dà priorità agli investimenti volti ad accelerare le iniziative di intelligenza artificiale. Tuttavia, questa spinta si scontra con la realtà tecnica. Oltre alla scarsa fiducia nella capacità dei dati di generare ricavi IA, solo il 26% si sente infatti in grado di sfruttare il vasto potenziale dei dati non strutturati per creare valore aziendale.

Per superare la difficoltà di centralizzare masse di dati eterogenee, una strategia emergente prevede di applicare l’IA direttamente sui dati nel loro luogo di residenza, piuttosto che tentare una centralizzazione totale. Parallelamente, l’80% ha iniziato a sviluppare dataset diversificati per l’addestramento degli agenti IA, pur ammettendo una significativa immaturità nei processi di governance e scalabilità di questi nuovi agenti (79% nelle prime fasi). Nonostante i rischi, l’83% dei CDO crede che i benefici potenziali dell’integrazione di agenti IA superino le criticità.

Cultura e talento: i freni all’innovazione

Un’infrastruttura dati solida è inutile senza una cultura che ne favorisca l’uso. L’80% dei CDO globali afferma che la democratizzazione dei dati velocizza l’organizzazione. Tuttavia, promuovere una cultura data-driven diffusa rimane una delle principali sfide strategiche.

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In parallelo, la carenza di talenti si sta aggravando in modo allarmante, tanto che il 47% dei CDO cita l’attrarre e trattenere competenze avanzate in materia di dati come una delle sfide più importanti, in netto aumento rispetto al 32% del 2023. Solo il 53% ritiene invece che le attuali strategie di recruiting forniscano le competenze necessarie.

Il caso italiano

I CDO italiani mostrano una forte focalizzazione sui risultati di business (97% vs 92% Global), ma affrontano sfide più acute su due fronti:

  • Infrastruttura e qualità: Il 63% dei CDO in Italia cita l’insufficienza o la scarsa integrazione dei dati come il maggiore ostacolo all’innovazione (rispetto al 46% globale). La governance e la qualità dei dati rimangono la priorità assoluta (62% vs 54% globale)
  • Cultura e talento: Il 60% dei CDO italiani ritiene che promuovere una cultura data-driven sia una sfida chiave. Inoltre, il problema della talent scarcity è ancora più esacerbato, con l’85% dei CDO italiani che dichiara difficoltà nel trovare e trattenere ruoli chiave Data & AI

Nonostante queste barriere, le aziende italiane intervistate vedono la compliance e la sovranità del dato come leve competitive (82% vs 78% globale) e mostrano una maggiore propensione a vedere i partner esterni come fonte di insight unici (83% vs 77% globale).

(Immagine in apertura: Shutterstock)