Fino a pochi mesi fa, l’idea che un modello di generazione immagini proprietario di Google potesse girare nativamente all’interno di Photoshop sarebbe sembrata una pura utopia (per non dire eresia). Adobe ha infatti costruito la sua retorica sull’etica “commercialmente sicura” dei modelli Firefly, addestrati esclusivamente su Adobe Stock. Eppure, Nano Banana Pro, l’ultima iterazione fotografica del modello Gemini 3 di Google, è da oggi integrato direttamente in Photoshop (tramite Generative Fill) e nella suite web di Firefly.

Il nome Nano Banana, nato come codename interno al posto di Gemini 2.5 Flash Image e rimasto per un bizzarro caso di branding virale, può quasi ingannare sulla portata tecnica dello strumento. In realtà, la versione Pro rilasciata ieri da Google si basa sull’architettura Gemini 3, che introduce un salto quantico rispetto alla precedente versione Flash.

La distinzione tecnica fondamentale risiede nel Grounding. A differenza dei modelli Firefly nativi, che si basano sui pattern appresi nel training set, Nano Banana Pro ha la capacità di attingere in tempo reale al Knowledge Graph di Google Search.

Se chiediamo ad esempio a Firefly di generare “un’infografica sulla produzione di lana in Italia nel 2024”, il modello tradizionale inventerebbe dati plausibili ma falsi. Nano Banana Pro, invece, è progettato per recuperare dati reali e strutturare visivamente informazioni fattuali. Questo lo rende non solo uno strumento artistico, ma un asset critico per data visualization e design editoriale, riducendo il rischio di allucinazioni su contenuti verificabili.

L’implementazione dentro Photoshop sfrutta le API di Nano Banana Pro per potenziare il riempimento generativo. Chi lavora nel fotoritocco, sa che i modelli precedenti faticavano con la coerenza della luce e la fisica degli oggetti complessi. Dai primi test effettuati, il modello di Google eccelle dove Firefly talvolta inciampa in almeno tre campi:

Nano Banana Adobe

  • Rendering del testo: la capacità di inserire scritte leggibili e coerenti all’interno dell’immagine (insegne, etichette, menu) è nettamente superiore, risolvendo uno dei dolori storici dell’AI art
  • Controllo della camera: i prompt permettono ora di specificare non solo il soggetto, ma la lunghezza focale virtuale e l’angolazione (es. “vista a volo d’uccello, 35mm”), con Nano Banana Pro che rispetta queste direttive geometriche con una precisione quasi CAD
  • Coerenza stilistica: utilizzando la funzione di Reference Image (fino a sei immagini di riferimento in Firefly), il modello riesce a mantenere una “brand identity” visiva molto più solida, un aspetto cruciale per le campagne pubblicitarie che richiedono variazioni dello stesso asset

 

Ma perché Adobe ha compiuto questa mossa spiazzante portando Nano Banana Pro nella sua suite creativa? La risposta si trova nel concetto di workflow friction. I creativi usano già diversi strumenti di IA generativa, ma lo fanno saltando da una finestra del browser all’altra interrompendo il flusso di lavoro. Integrando Nano Banana Pro (insieme ad altri partner come Black Forest Labs annunciati recentemente), Adobe trasforma Photoshop e Firefly in un “hub neutrale”, scommettendo sul fatto che l’utente preferirà pagare l’abbonamento Creative Cloud per avere tutti i modelli in un unico posto con livelli, maschere e strumenti di selezione, piuttosto che gestire tre abbonamenti separati e file sparsi.

Un dettaglio che sta facendo discutere gli analisti è la politica di prezzo temporanea. Per spingere l’adozione, Adobe offre generazioni illimitate con il modello Nano Banana Pro fino al 1° dicembre per gli abbonati Pro. Considerando che l’accesso diretto tramite Google Vertex AI o Gemini Advanced ha dei costi a consumo, usare il modello di Google attraverso l’interfaccia Adobe è paradossalmente più conveniente. È una mossa di user acquisition brutale, con la quale Adobe sta sussidiando il costo computazionale per abituare i creativi a non uscire più dal suo ecosistema.

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Non è però tutto oro quello che luccica. Nonostante il suffisso Pro, Nano Banana mantiene alcune idiosincrasie. Nelle generazioni fotorealistiche di volti umani, c’è ancora una tendenza verso quella perfezione cerosa tipica dei modelli Gemini, meno organica rispetto alla “grana” fotografica che Firefly Image 5 riesce a volte a restituire meglio.

Inoltre, il safety filter di Google è notoriamente draconiano, con la conseguenza che prompt che su Firefly passerebbero come “artistici” (ad esempio nudi parziali in stile classico o scene di battaglia storiche) vengono spesso bloccati a monte dalle API di Nano Banana per violazione delle policy di sicurezza, creando frustrazione in chi cerca di usare lo strumento per concept art più audaci o storici.