L’impatto della GenAI sul mondo del lavoro visto da Indeed

La fotografia scattata da Indeed sul futuro del lavoro negli Stati Uniti mostra come la diffusione della GenAI non sia più un fenomeno marginale, ma un driver strutturale in grado di ridefinire competenze, mansioni e perfino la natura stessa di molti ruoli professionali. Analizzando oltre 53,5 milioni di offerte di lavoro pubblicate tra maggio 2024 e aprile 2025, la piattaforma ha elaborato un indice dedicato (Indeed GenAI Skill Transformation Index) con cui stimare l’esposizione delle diverse competenze all’impatto della GenAI. Il risultato è un mosaico occupazionale in rapida trasformazione, dove solo una minoranza dei lavori rimarrà completamente invariata nei prossimi anni.
Secondo lo studio, circa il 26% delle posizioni è destinato a subire una trasformazione “significativa”, mentre un ulteriore 54% sperimenterà cambiamenti “moderati”. È un’indicazione chiara del modo in cui le aziende stanno iniziando a incorporare strumenti generativi nei flussi operativi quotidiani, non per sostituire interamente il lavoro umano, ma per modificarne struttura, tempi e modalità di esecuzione. La GenAI, in questo scenario, diventa un fattore di riorganizzazione funzionale e non solo un acceleratore tecnico.
Per ottenere una stima precisa, Indeed ha individuato 2.900 competenze professionali ricorrenti nei principali settori, dall’aviazione ai servizi alla persona, valutandole tramite i modelli linguistici GPT-4.1 di OpenAI e Claude Sonnet 4 di Anthropic. L’analisi combina due parametri fondamentali: il livello di problem solving richiesto e il grado di esecuzione fisica indispensabile per completare una mansione. Da qui nascono quattro livelli di trasformazione potenziale: minima, assistita, ibrida e completa.
Un dato rilevante riguarda la distribuzione di queste categorie. Solo l’1% delle competenze risulta esposto a una possibile trasformazione completa, ossia una sostituzione diretta dell’esecuzione umana con quella della GenAI. Nonostante la crescita esponenziale dei modelli generativi, la loro applicabilità rimane infatti legata alla natura delle attività e i compiti che richiedono un intervento fisico, un alto grado di empatia o interazione diretta con le persone restano al di fuori della piena automazione. Molto più ampia, invece, la fascia di competenze soggette a trasformazione ibrida, pari al 40%, dove l’IA può svolgere parti del lavoro pur lasciando agli esseri umani la supervisione e le decisioni finali.
Proprio questo livello intermedio definisce i settori più esposti. Sviluppo software, data analytics, marketing, contabilità e assicurazioni rappresentano ambiti in cui le attività ripetitive o basate sull’elaborazione di grandi quantità di informazioni possono essere facilmente delegate a un modello generativo. Non sorprende, ad esempio, che l’81% delle competenze legate allo sviluppo software rientri in questa categoria, considerando che la GenAI è già in grado di generare codice, testare funzioni, identificare bug e proporre ottimizzazioni. Ciò non implica la scomparsa dei programmatori, ma una ridefinizione del loro ruolo verso funzioni di supervisione, gestione della complessità e valutazione dell’impatto architetturale delle soluzioni prodotte dall’IA.
All’opposto, professioni come l’assistenza infermieristica, la cura della prima infanzia, l’edilizia e i servizi alla persona mostrano una esposizione molto più contenuta. Nel campo infermieristico, ad esempio, il 68% delle competenze rientra in una trasformazione minima, visto che lavoro fisico, intelligenza emotiva e capacità relazionali non sono ambiti facilmente replicabili da sistemi generativi. Tuttavia, anche qui la GenAI può incidere sulle attività periferiche, dall’organizzazione dei turni alla compilazione di documenti clinici, contribuendo a liberare tempo prezioso per la relazione diretta con i pazienti.
A sintetizzare questa dinamica interviene Lisa Feist, economista del Hiring Lab Indeed, che sottolinea come la GenAI non modifichi la natura intrinseca delle competenze, ma il modo in cui vengono applicate. Compiti manuali o relazionali non verranno rimpiazzati, mentre le attività che richiedono elaborazione, analisi o generazione di contenuti saranno accelerate o trasformate. Di conseguenza, crescerà la domanda di figure capaci di comprendere la complessità dei processi assistiti dall’IA e di intervenire criticamente laddove necessario. Supervisione, giudizio, competenza contestuale diventano quindi elementi centrali di questa nuova fase del mercato del lavoro.
Il report evidenzia infine un progresso netto della GenAI rispetto all’anno precedente. Se nelle analisi condotte dodici mesi fa nessuna competenza risultava “molto probabilmente” sostituibile, oggi lo studio ne individua 19, pari allo 0,7% del totale. Un dato ancora marginale, ma che segnala la rapidità con cui i modelli generativi stanno ampliando il proprio raggio d’azione. Ed è soprattutto un indicatore del fatto che, man mano che la tecnologia evolve, il perimetro delle competenze automatizzabili tenderà a crescere.
(Immagine in apertura: Shutterstock)


