DeepSeek rompe il silenzio e un ricercatore avverte: l’impatto dell’IA sul lavoro sarà importante

Alla World Internet Conference di Wuzhen, nella provincia di Zhejiang in Cina, il ricercatore senior di DeepSeek Chen Deli ha espresso una posizione sorprendentemente critica verso le implicazioni sociali dell’IA. Una voce fuori dal coro, proveniente proprio da una delle aziende che più hanno contribuito alla recente ondata di entusiasmo per i modelli di intelligenza artificiale open source.
Chen, salito sul palco insieme ai vertici di altre cinque aziende (tra cui Unitree e BrainCo, le cosiddette “sei piccoli draghi” dell’IA cinese), ha tracciato un confine netto tra ottimismo tecnologico e pessimismo sociale. “Sono estremamente positivo riguardo alla tecnologia, ma valuto negativamente l’impatto che potrebbe avere sulla società”, ha dichiarato, sottolineando come nei prossimi 5-10 anni l’IA inizierà a sostituire un numero crescente di lavori umani, fino a rendere possibile (o inevitabile) un’automazione quasi totale entro due decenni.
Il suo intervento non è solo una riflessione etica, ma è anche un monito politico e industriale. Chen ha invitato le aziende del settore a comportarsi come “difensori” della società, evitando che il progresso tecnologico si traduca in una crisi occupazionale o in una perdita di controllo collettiva. Parole che risuonano con particolare forza in un contesto come quello cinese, dove l’IA è considerata una leva strategica per ridurre la dipendenza tecnologica dagli Stati Uniti e, al contempo, per sostenere la crescita economica in una fase di rallentamento.
Il ritorno pubblico di DeepSeek assume così un valore simbolico. L’azienda, diventata celebre nel gennaio scorso grazie a un modello open source a basso costo capace di superare in alcuni test le prestazioni di modelli americani ben più costosi, era quasi scomparsa dai radar mediatici dopo quell’exploit. La sua unica apparizione successiva era avvenuta a febbraio, quando il fondatore e CEO Liang Wenfeng aveva incontrato il presidente Xi Jinping in un evento televisivo dedicato agli imprenditori tecnologici. Da allora, né Liang né l’azienda avevano rilasciato commenti pubblici, disertando anche le principali conferenze tech del Paese.
Nel frattempo, la società ha continuato a lavorare, anche se in modo meno eclatante. A settembre ha presentato un aggiornamento del modello V3, descritto come “sperimentale”, capace di gestire sequenze di testo più lunghe e con un processo di addestramento più efficiente. L’obiettivo dichiarato non era tanto quello di superare i modelli occidentali, quanto di rafforzare l’integrazione con l’ecosistema hardware domestico. In questo senso, la collaborazione con aziende come Cambricon e Huawei (impegnate nello sviluppo di chip compatibili con le architetture DeepSeek) è diventata un tassello fondamentale della strategia tecnologica cinese.
Non a caso, l’annuncio di agosto di un modello ottimizzato per i chip di produzione nazionale aveva fatto impennare le quotazioni di diverse società di semiconduttori sul mercato interno. Un segnale chiaro di quanto la traiettoria di DeepSeek sia ormai intrecciata con quella dell’intera industria tecnologica cinese.
(Immagine in apertura: Shutterstock)

