A poco più di un anno dall’adozione dell’AI Act, il primo regolamento organico al mondo dedicato all’intelligenza artificiale, l’Unione Europea deve decidere se mantenere l’impianto normativo originario, severo ma pionieristico, o se adattarlo a una realtà tecnologica che si muove a velocità molto superiore rispetto ai processi legislativi. Negli ultimi mesi, la Commissione ha scelto la seconda strada, preparando un nuovi provvedimenti che puntano a semplificare e ammorbidire alcune disposizioni della legge.

Il documento, che sarà presentato dalla commissaria Henna Virkkunen il 19 novembre, prevede deroghe e periodi di grazia per facilitare l’implementazione del regolamento e ridurre l’onere burocratico per le aziende. Tra le modifiche proposte, spicca l’esenzione dall’obbligo di registrazione nel database europeo dei sistemi IA ad alto rischio per quei modelli utilizzati solo per compiti procedurali o limitati. In altre parole, un margine di flessibilità che potrebbe alleggerire la pressione su grandi gruppi come Apple, Meta o Microsoft, da mesi impegnati in un’intensa attività di lobbying.

Anche l’obbligo di etichettare i contenuti generati da intelligenza artificiale, introdotto per contrastare fenomeni come i deepfake e la disinformazione, sarà soggetto a un periodo transitorio, durante il quale le autorità potranno limitarsi a monitorare senza applicare sanzioni. Le multe effettive entreranno in vigore solo dal 2 agosto 2027, un anno dopo la piena applicazione dell’AI Act.

Questo allentamento dei vincoli arriva in un contesto politico delicato, in cui da un lato ci sono le pressioni delle Big Tech statunitensi e della stessa amministrazione americana, che ha criticato la rigidità della normativa europea, mentre dall’altro c’è la crescente necessità di rendere più competitiva l’industria digitale europea, troppo spesso frenata da eccessi regolatori. Non è un caso che, parallelamente, la Commissione abbia già indebolito alcune misure ambientali e introdotto correttivi per snellire le procedure di compliance digitale.

AI Act RAISE

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Dalla regolazione all’innovazione: nasce RAISE

Ma la strategia europea non si limita a un alleggerimento normativo. All’European AI in Science Summit di Copenhagen, la Commissione ha presentato RAISE (Resource for Artificial Intelligence Science in Europe), un’iniziativa che segna un cambio di passo nella politica dell’Unione e che ha come duplice obiettivo meno burocrazia e più investimenti concreti nella ricerca scientifica.

RAISE sarà un istituto virtuale destinato a diventare la spina dorsale dell’ecosistema europeo di IA per la scienza. Riunirà risorse computazionali, dati, talenti e finanziamenti provenienti da Stati membri e settore privato, con l’obiettivo di mettere l’intelligenza artificiale al servizio delle grandi sfide globali (migliorare le terapie oncologiche, prevedere terremoti e affrontare le crisi ambientali).

Per il solo pilota, il programma prevede un investimento di 107 milioni di euro finanziati da Horizon Europe, ma il piano complessivo è molto più ambizioso. La Commissione punta infatti a raddoppiare gli investimenti annuali in IA fino a superare i 3 miliardi di euro, di cui una parte significativa sarà destinata alla ricerca scientifica.

Un capitolo cruciale di RAISE riguarda l’accesso alla potenza di calcolo, oggi una delle risorse più contese nell’ecosistema IA. Grazie a un contributo di 600 milioni di euro e alla collaborazione con il Joint Undertaking EuroHPC, RAISE garantirà ai ricercatori europei un accesso prioritario alle AI Gigafactories, i supercomputer di nuova generazione dedicati all’elaborazione su larga scala.

Il progetto include anche un forte investimento nel capitale umano, con 75 milioni di euro dedicati a reti di eccellenza e programmi di dottorato per attrarre e formare talenti globali. La logica è quella di invertire la tendenza alla fuga dei cervelli e costruire un polo europeo dell’intelligenza artificiale scientifica, capace di competere con i grandi laboratori di Stati Uniti e Cina.

Il modello di governance proposto per RAISE prevede inoltre un coinvolgimento diretto degli Stati membri, delle università e del settore privato, con la prospettiva di espandere il progetto nel quadro del prossimo bilancio pluriennale 2028–2034. L’obiettivo è garantire la sostenibilità a lungo termine del programma, non solo in termini di fondi, ma anche di risorse e collaborazione tra centri di ricerca.