Con l’embargo sulle GPU Nvidia, la Cina cerca nuove strade: chip ottici e analogici

L’amministrazione USA sta intensificando la guerra tecnologica con la Cina con dichiarazioni inequivocabili sui processori IA di ultima generazione. Durante una recente intervista a bordo dell’Air Force One, Donald Trump ha affermato che i chip IA Blackwell di Nvidia, considerati dieci anni avanti rispetto alla concorrenza, non saranno accessibili ad “altre persone”, riferendosi esplicitamente alla Cina e ai Paesi extra USA. Una posizione che rappresenta un inasprimento della strategia di contenimento tecnologico, dopo mesi di speculazioni sulla possibile autorizzazione di versioni depotenziate dei chip per il mercato cinese.
La decisione riflette le preoccupazioni bipartisan del Congresso americano per il potenziale rafforzamento delle capacità militari cinesi attraverso l’accesso a tecnologie avanzate di intelligenza artificiale. Il deputato repubblicano John Moolenaar ha paragonato tale eventualità al “fornire uranio arricchito all’Iran”, sottolineando la percezione strategica di queste tecnologie come asset di sicurezza nazionale. Nvidia, dal canto suo, mantiene una posizione prudente, con il CEO Jensen Huang che ha dichiarato di non avere richiesto licenze di esportazione per il mercato cinese, riconoscendo implicitamente che “Pechino ha chiarito di non volere Nvidia”.
In questo scenario, la ricerca cinese ha intanto conseguito diversi risultati significativi che potrebbero ridimensionare l’importanza delle restrizioni americane. Ricercatori dell’Università di Pechino hanno sviluppato un chip analogico basato su memoria resistiva ad accesso casuale (RRAM) che potrebbe superare addirittura di mille volte le prestazioni delle GPU Nvidia H100 e AMD Vega 20. Questa innovazione risolve quello che gli scienziati definiscono un “problema secolare” nell’ambito del computing analogico, ovvero la scarsa precisione che aveva storicamente limitato l’applicabilità commerciale di queste architetture.
Il chip cinese implementa un approccio radicalmente diverso rispetto ai processori digitali convenzionali, sfruttando le proprietà fisiche dei materiali per eseguire calcoli direttamente attraverso manipolazioni analogiche. Questa metodologia consente di aggirare le limitazioni imposte dalla legge di Moore e dalle architetture von Neumann, aprendo scenari applicativi particolarmente promettenti proprio nei settori oggi così delicati dell’elaborazione di segnali, dell’intelligenza artificiale e del machine learning.
L’impatto potenziale di tali sviluppi potrebbe estendersi ben oltre il semplice miglioramento delle prestazioni computazionali, arrivando a influenzare l’equilibrio competitivo nell’intero ecosistema tecnologico globale.
Parallelamente agli sviluppi nei semiconduttori, i ricercatori dell’Università cinese di Tsinghua hanno presentato innovazioni rivoluzionarie nel campo della computazione ottica. Il dispositivo denominato Optical Feature Extraction Engine (OFE2) rappresenta un salto qualitativo nell’elaborazione di dati alla velocità della luce, superando la barriera dei 10 GHz attraverso un sistema completamente integrato su chip. L’architettura risolve le problematiche tradizionali legate alla stabilità di fase e alle fluttuazioni dei segnali ottici mediante splitter di potenza regolabili e linee di ritardo precise integrate nel silicio.
Le applicazioni più immediate di questa tecnologia si concentrano nel trading ad alta frequenza, dove la velocità di elaborazione rappresenta un vantaggio competitivo determinante. Il sistema converte dati seriali in canali ottici sincronizzati, permettendo operazioni di diffrazione che eseguono estrazioni di caratteristiche complesse attraverso interazioni luminose. Questa metodologia equivale a moltiplicazioni matrice-vettore realizzate interamente nel dominio ottico, bypassando i colli di bottiglia elettronici che limitano i sistemi convenzionali.
L’integrazione di queste innovazioni nel più ampio contesto della strategia tecnologica cinese evidenzia un approccio sistemico all’indipendenza tecnologica. Il piano quinquennale del Paese identifica quantum computing, biomanufacturing, energia da idrogeno e fusione nucleare, interfacce cervello-computer, intelligenza embodied e comunicazioni 6G come frontiere prioritarie per i prossimi cinque anni. Gli esperti cinesi prevedono progressi significativi anche nelle tecnologie AR+ e nel deep learning, con particolare enfasi sullo sviluppo di piattaforme dati integrate e capacità computazionali avanzate.

