Associazioni del digitale contro l’aumento del compenso SIAE sui supporti di memoria e cloud storage

L’Associazione Italiana Internet Provider (AIIP) e l’Associazione Nazionale delle Imprese ICT di Confcommercio (Assintel) hanno presentato congiuntamente le proprie osservazioni al Ministero della Cultura sulla bozza di decreto che, sotto proposta del Comitato Consultivo Permanente sul diritto d’autore (al cui interno non ci sono né produttori hardware, né dei rappresentanti dei consumatori), prevede di aumentare le tariffe e di estendere il compenso SIAE per copia privata ai device ricondizionati e ai servizi cloud. “Estendere il compenso per copia privati ai servizi cloud, come previsto da una bozza, ha come rischio concreto rallentare la digitalizzazione del Paese e penalizzare le PMI italiane, spina dorsale del tessuto produttivo italiano”, si legge nel documento delle due associazioni.
Il compenso per copia privata (soprannominato “compenso SIAE”) era stato introdotto nel 1992 per compensare gli autori nel caso in cui i cittadini effettuassero copie personali di opere acquistate legalmente, utilizzando supporti fisici come cassette, CD, DVD o hard disk. “Oggi ci troviamo di fronte a una realtà diametralmente opposta e applicare lo stesso principio al cloud è fuorviante; lo storage remoto infatti non è un supporto fisico, ma un servizio virtuale che consente di archiviare, elaborare e condividere dati online, utilizzato in gran parte per contenuti autoprodotti. I supporti che lo rendono possibile (es. server) hanno già scontato il contributo al momento dell’acquisto degli hardware. Estendere la tassa anche allo storage remoto significherebbe imporre un doppio prelievo del tutto sproporzionato rispetto alle finalità originarie della normativa, a danno di cittadini e aziende che usano il cloud soprattutto per contenuti autoprodotti o attività professionali, non per opere soggette a diritto d’autore”.
AIIP e Assintel sottolineano anche che il cloud è uno strumento essenziale per le imprese, visto che viene utilizzato per backup, elaborazione dati, compliance, sicurezza informatica e intelligenza artificiale. “Tassare questi utilizzi aziendali significherebbe colpire attività che nulla hanno a che vedere con la copia privata di opere protette, con il rischio di frenare lo sviluppo digitale delle PMI e delle startup italiane”. Per queste ragioni, le due associazioni chiedono che i servizi B2B vengano esclusi in modo chiaro e strutturale dall’applicazione del decreto.
Inoltre, proseguono AIIP e Assintel, “la proposta contrasta apertamente anche con le strategie nazionali ed europee che, tramite PNRR e programmi UE, incentivano la migrazione al cloud come leva di crescita. Una tassa su questi servizi rischia di avere l’effetto opposto, frenando l’adozione di tecnologie cruciali come intelligenza artificiale, big data e sicurezza informatica”.
“L’estensione del contributo per la copia privata ai servizi cloud rappresenta un grave ostacolo per le imprese italiane, complicando inutilmente gli obblighi di compliance e imponendo oneri aggiuntivi senza distinguere tra servizi destinati ai consumatori e quelli destinati alle aziende” afferma Giuliano Claudio Peritore, presidente di AIIP. “È fondamentale stralciare l’applicazione ai servizi cloud, in particolare quelli B2B, e semplificare le modalità di compliance, per non trasformare il diritto alla copia privata in una tassa occulta sull’innovazione”.
In un comunicato separato, Anitec-Assinform (Associazione italiana ICT) sottolinea inoltre un vero e proprio paradosso, per il quale, mentre il numero di copie private continua a diminuire, il compenso per la copia privata segna un incremento del 20% rispetto al decreto in vigore. Già nel 2024 Anitec-Assinform aveva evidenziato come trend evidente il calo costante della copia privata e la totale inconsapevolezza da parte dei consumatori di pagare un sovrapprezzo per copie che, di fatto, non realizzano più.
Nella nota stampa, il Presidente Massimo Dal Checco ribadisce la propria posizione: “I diritti degli autori sono imprescindibili per noi e non sono in discussione. Ma l’istituto del compenso per copia privata, nato in un’era analogica, oggi appare del tutto anacronistico rispetto alle tecnologie e alle abitudini di fruizione dei contenuti digitali. Per questo motivo chiediamo con forza l’abolizione di qualsiasi aumento tariffario contenuto nello schema di Decreto e l’eliminazione del compenso sul cloud storage, che non appare conforme al quadro normativo vigente. Inoltre, sollecitiamo l’avvio di un’analisi completa ed empirica, insieme a una indagine dei reali comportamenti di utilizzo, prima di assumere qualsiasi decisione in merito alla modifica degli attuali importi delle tariffe”.
Ricordiamo che la bozza del decreto, oltre al compenso sui servizi di cloud storage, prevede:
- Come massimale è previsto un limite massimo di 2,40 euro al mese per utente
- Alcune differenziazioni proposte basate sulla quantità di spazio utilizzato
- Aumenti (fino al 40%) dei compensi già esistenti su dispositivi fisici come smartphone, tablet, PC, memorie esterne, memorie integrate
- Introduzione di un compenso anche per i dispositivi ricondizionati