Il primo supercomputer exascale europeo è finalmente realtà. Si chiama Jupiter, è stato inaugurato ufficialmente presso il Jülich Supercomputing Center, vicino a Colonia, e rappresenta una pietra miliare non soltanto per la Germania, ma per l’intero continente.

Nonostante non sia ancora del tutto completo (il suo cluster di calcolo general-purpose entrerà in funzione non prima del prossimo anno), il sistema ha già raggiunto il traguardo dell’exascale computing, ovvero la capacità di eseguire oltre un quintilione (10¹⁸) di operazioni al secondo.

Secondo la Commissione Europea, si tratta di un momento storico che sancisce la nascita di una nuova era per la ricerca scientifica, l’intelligenza artificiale e l’innovazione tecnologica europea.

Il cuore di Jupiter: il Booster Module

L’inaugurazione è stata dedicata al Booster Module, il cluster di GPU destinato a simulazioni su larga scala e all’addestramento dei modelli di intelligenza artificiale. La sua architettura è impressionante: circa 6.000 nodi di calcolo, ognuno equipaggiato con quattro superchip Nvidia GH200 Grace Hopper e collegato tramite la rete ad alte prestazioni Quantum-2 InfiniBand.

Grazie a questa configurazione, Jupiter è riuscito a varcare la soglia dell’exascale già nella sua fase iniziale, consolidando il suo primato come computer più potente d’Europa e quarto nella classifica mondiale dei supercomputer. Già a giugno aveva conquistato questo titolo, mentre il suo prototipo (il Jedi test module) si era distinto un anno prima guidando la Green500, la lista che premia i sistemi più efficienti dal punto di vista energetico.

Un’inaugurazione di alto profilo

Alla cerimonia erano presenti figure di primo piano della politica tedesca ed europea, a conferma del valore strategico del progetto. Tra gli invitati spiccavano il cancelliere tedesco Friedrich Merz, la ministra federale per la ricerca e la tecnologia Dorothee Bär, il ministro-presidente della Renania Settentrionale-Vestfalia Hendrik Wüst e la ministra della cultura e della scienza Ina Brandes.

Per la Commissione Europea, la voce ufficiale è stata quella di Ekaterina Zaharieva, commissaria per Startups, Ricerca e Innovazione, che ha sottolineato come Jupiter rappresenti un passo fondamentale verso la sovranità digitale dell’Europa e un acceleratore per la competitività di industrie e centri di ricerca del continente.

L’Europa rincorre Stati Uniti e Cina

Con Jupiter, l’Europa si avvicina a colmare un ritardo significativo rispetto ad altri Paesi. Gli Stati Uniti hanno già raggiunto il livello exascale tre anni fa con Frontier al laboratorio nazionale di Oak Ridge, a cui sono seguiti Aurora all’Argonne National Laboratory e El Capitan al Lawrence Livermore National Laboratory. La Cina, dal canto suo, possiede sistemi di pari potenza, ma preferisce mantenere un profilo riservato senza annunci ufficiali.

Il Regno Unito, invece, ha visto il proprio progetto oscillare tra cancellazioni e rilanci: inizialmente bloccato per motivi di bilancio, è stato ripreso quest’anno, anche se non più con l’etichetta di supercomputer exascale.

Il Cluster Module e il chip europeo Rhea1

Il completamento di Jupiter dipenderà in larga parte dal futuro Cluster Module, pensato per gestire flussi di lavoro meno adatti alle GPU e più orientati all’elaborazione su CPU. La sua peculiarità è che sarà basato su Rhea1, il processore sviluppato dall’azienda europea SiPearl. Si tratta di un chip con 80 core fondato sull’architettura Arm Neoverse V1, il cui design finale è stato completato solo nel luglio di quest’anno.

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Secondo le previsioni, i primi esemplari di silicio saranno pronti nel 2026, anno in cui dovrebbe essere avviato il Cluster Module vero e proprio composto da 1.300 nodi, ciascuno con due processori Rhea1.

Un’infrastruttura modulare e sostenibile

L’intero sistema è ospitato in un data center modulare ad alte prestazioni che occupa circa 2.300 metri quadrati, l’equivalente di mezzo campo da calcio. È formato da una cinquantina di container indipendenti, soluzione che permette di espandere o riconfigurare l’infrastruttura in maniera flessibile, a seconda delle esigenze.

Questa scelta risponde anche alla crescente attenzione verso l’efficienza energetica e la sostenibilità, elementi imprescindibili in un’epoca in cui il consumo dei data center è al centro di accesi dibattiti.

Jupiter è frutto del lavoro del consorzio ParTec-Eviden, dove Eviden rappresenta la divisione di calcolo del gruppo Atos. Il costo complessivo, comprensivo delle spese di gestione per sei anni, è stimato in circa 500 milioni di euro. Metà di questa cifra è coperta dall’iniziativa europea EuroHPC JU, mentre l’altra metà proviene dal Ministero federale dell’istruzione e della ricerca tedesco (BMBF) e dal Ministero della cultura e della scienza della Renania Settentrionale-Vestfalia (MKW NRW).