Il 14 ottobre 2025 molte edizioni di Windows 10 non avranno più il supporto gratuito da parte di Microsoft e le aziende che non avranno ancora completato la migrazione a Windows 11 si troveranno quindi di fronte a una scelta costosa: pagare per prolungare la sicurezza dei propri sistemi, oppure rischiare di esporre l’infrastruttura aziendale a vulnerabilità critiche.

Secondo una stima pubblicata da Nexthink, società specializzata nella gestione dell’esperienza digitale dei dipendenti, la fattura complessiva per le aziende potrebbe aggirarsi intorno ai 7,3 miliardi di dollari solo nel primo anno, qualora decidessero di sottoscrivere gli aggiornamenti di sicurezza estesa (Extended Security Updates, ESU).

I numeri dietro la spesa miliardaria

La cifra, pur calcolata con diverse assunzioni e senza dati ufficiali da parte di Microsoft, mette in evidenza la portata economica del passaggio a Windows 11. A giugno 2025, Microsoft ha dichiarato che oltre 1,4 miliardi di dispositivi attivi mensilmente utilizzano Windows. Nexthink, analizzando gli endpoint dei clienti, stima che circa il 30% di questi appartenga ad aziende e istituzioni pubbliche (parliamo quindi di 420 milioni di dispositivi enterprise).

La domanda cruciale è quanti di essi siano ancora basati su Windows 10. Secondo i dati di Statcounter, la quota di mercato di questo sistema operativo oscilla tra il 43% e il 45%. Applicando questa percentuale al parco macchine aziendale, Nexthink calcola che circa 181 milioni di dispositivi enterprise stiano ancora girando su Windows 10.

Il trend però è in calo, visto che tra maggio e agosto 2025 la quota di Windows 10 si è ridotta di circa un terzo. Tuttavia, alla data di fine supporto, si stima che 121 milioni di PC aziendali utilizzeranno ancora il vecchio sistema operativo. Con un costo ipotizzato di 61 dollari per dispositivo per un anno di ESU, il conto finale raggiungerebbe appunto i 7,3 miliardi di dollari.

aggiornamento Windows 11

La transizione come opportunità, non come obbligo

Per Nexthink, il problema non riguarda solo i costi. Secondo Tim Flower, Digital Employee Experience Strategist della società, la migrazione a un nuovo sistema operativo non dovrebbe essere vissuta come un’interruzione o un obbligo di compliance, ma come l’occasione per migliorare l’esperienza quotidiana dei dipendenti.

“Passare da un sistema operativo a un altro non dovrebbe sembrare una forzatura, ma un’opportunità per migliorare il modo in cui le persone lavorano ogni giorno”, ha dichiarato Flower, sottolineando l’importanza di pianificare la transizione con attenzione, verificando compatibilità hardware e stabilità delle prestazioni.

Un altro dato interessante emerso dall’analisi Nexthink riguarda la stabilità dei sistemi. Secondo i dati raccolti sui dispositivi aziendali, Windows 11 registra un tasso più alto di crash e reset rispetto a Windows 10: 1,2% contro 0,6% per i crash di sistema e 9,9% contro 8,5% per i reset forzati. Le cause non sarebbero imputabili direttamente a Microsoft, ma piuttosto a problemi di driver e a migrazioni gestite in modo frettoloso o poco accurato. In altre parole, la nuova piattaforma non è necessariamente più instabile, ma l’adozione rapida e non pianificata mette in evidenza le difficoltà tipiche di un cambio generazionale.

Flower lo definisce un fenomeno comune: “Ogni migrazione comporta difficoltà iniziali e ciò che vediamo con Windows 11 non è diverso. Spesso le problematiche derivano dall’hardware sottostante, dai driver o dalle modalità di distribuzione, più che dal sistema operativo in sé”.

Con centinaia di milioni di PC aziendali ancora da aggiornare nelle prossime settimane e mesi, la sfida per le imprese non è soltanto muoversi in fretta, ma farlo nel modo giusto. La pressione economica degli ESU e le preoccupazioni legate alla sicurezza spingeranno molte organizzazioni a completare la transizione, ma il rischio è quello di adottare soluzioni affrettate che non portino un reale beneficio ai dipendenti.

La fine del supporto gratuito a Windows 10 segna quindi un momento di svolta per l’intero ecosistema IT che, se pianificato correttamente, può aprire la strada a un’esperienza lavorativa più fluida e a un’infrastruttura più sicura, ma che se gestito male rischia di tradursi in costi ingenti e produttività ridotta.