L’intelligenza artificiale generativa non è più un supporto “silenzioso” nelle aziende, ma un fattore capace di ridisegnare interi organici. Lo dimostra ancora una volta Salesforce, che ha annunciato una riduzione drastica della propria forza lavoro nel supporto clienti: da 9.000 a 5.000 dipendenti, con un taglio netto di 4.000 ruoli. A rivelarlo è stato lo stesso CEO Marc Benioff durante un’intervista, definendo l’operazione un effetto diretto dell’introduzione di agenti AI nei processi di assistenza.

Il gruppo, che a gennaio contava oltre 76.000 dipendenti distribuiti tra tutte le divisioni, ha introdotto un sistema di agenti basarti su intelligenza artificiale capace di gestire in autonomia attività complesse, che fino a poco tempo fa erano appannaggio esclusivo di operatori umani.

Oggi, il 50% delle conversazioni con i clienti è gestito dall’AI, mentre solo un anno fa la quota era pari a zero. Un passaggio rapidissimo, che non solo ridefinisce i flussi di lavoro interni, ma mette Salesforce al centro del dibattito globale su occupazione e automazione. L’annuncio stride tra l’altro con le parole pronunciate dallo stesso Benioff appena due mesi fa. Al summit AI for Good 2025, il CEO aveva infatti minimizzato i timori legati all’impatto occupazionale dell’AI, affermando che non ci sarebbero stati “grandi licenziamenti di massa tra i lavoratori white collar”.

Aveva persino citato conversazioni con clienti di Salesforce come prova che nessuno stesse pianificando tagli di personale basati sull’avvento dell’intelligenza artificiale. Oggi la realtà appare opposta, visto che proprio Salesforce è diventato una delle prime big tech a realizzare un ridimensionamento di questa portata esclusivamente per motivi tecnologici, non economici.

Come funziona l’“agentic AI” di Salesforce

Il cuore del nuovo sistema è un supervisore omnicanale che coordina la collaborazione tra operatori umani e AI. L’intelligenza artificiale non si limita a rispondere come un chatbot, ma scompone i problemi in sotto-task gestiti da più agenti specializzati, capaci di cooperare per raggiungere l’obiettivo finale.

Agentforce 3 Salesforce

In questo modo, Salesforce ha creato un modello ibrido in cui l’AI gestisce la maggior parte delle interazioni, mentre l’umano interviene nei casi più complessi o quando serve empatia. Una formula che riduce drasticamente i costi, mantenendo un livello di servizio accettabile.

Benioff ha sottolineato che l’AI non ha solo “sfoltito” la forza lavoro, ma ha aperto opportunità che prima erano impensabili. “In 26 anni, Salesforce non era mai riuscita a richiamare oltre 100 milioni di lead perché non avevamo abbastanza persone. Ora un agente AI li sta contattando uno per uno.” In altre parole, mentre migliaia di operatori hanno perso il posto, l’AI ha permesso di sbloccare un potenziale commerciale enorme, che potrebbe tradursi in maggiori ricavi per l’azienda.

Una tendenza in crescita

Salesforce non è nuova a ristrutturazioni spinte dall’AI. Già a febbraio 2025 aveva eliminato circa 1.000 posti di lavoro, compensando con nuove assunzioni nel reparto vendite. Allora la decisione era stata descritta come una “pausa di assunzioni” in attesa che la produttività dell’AI crescesse. Oggi appare chiaro che quella fase era solo l’inizio di una transizione più radicale.

Il modello Salesforce potrebbe diventare un precedente importante per l’intero settore. Il contact center e i servizi di assistenza clienti sono infatti tra gli ambiti più facilmente sostituibili con AI avanzata, tanto che altri player (da Microsoft a piattaforme UCaaS e CCaaS) stanno già sperimentando soluzioni simili.

La discrepanza tra le parole di Benioff e i fatti di oggi apre una questione più ampia: quanto possiamo fidarci delle dichiarazioni dei CEO sul futuro dell’AI e del lavoro? Gli analisti sottolineano che i leader aziendali hanno interesse a evitare allarmismi prematuri. Annunciare tagli in anticipo rischia di minare la motivazione interna, scatenare proteste o generare pubblicità negativa che può impattare clienti e investitori. Da qui la tendenza a descrivere l’AI come “complementare” prima di svelarne i veri effetti occupazionali.

Inoltre, la velocità dello sviluppo tecnologico rende difficile fare previsioni attendibili e ciò che sembra uno strumento di supporto in fase di test può diventare, una volta scalato, un sostituto a tutti gli effetti.

Il caso Salesforce è certamente un campanello d’allarme. Non si tratta di un ridimensionamento dovuto a crisi economiche o ristrutturazioni tradizionali: qui i 4.000 posti sono stati eliminati perché un algoritmo ha preso il loro posto. È il segno che l’impatto dell’AI sul lavoro non è più un tema per futurologi, ma una realtà che si misura in migliaia di carriere interrotte. Al tempo stesso, il modello ibrido adottato (AI in prima linea, umani di supporto) potrebbe diventare lo standard in molti settori.