Gli USA mettono un freno alla produzione cinese dei chip Samsung e SK Hynix

Il governo statunitense continua a inasprire le regole sul commercio di semiconduttori con la Cina colpendo questa volta Samsung e SK Hynix, due tra i maggiori produttori mondiali di chip di memoria. Con un avviso pubblicato sul Federal Register, il Dipartimento del Commercio USA ha infatti annunciato la revoca dello status di Verified End User (VEU) alle due aziende sudcoreane, rendendo più difficile la loro operatività negli stabilimenti cinesi.
Lo status VEU consentiva a imprese accuratamente controllate dal governo americano di bypassare una serie di licenze obbligatorie per importare, trasferire e riesportare tecnologie e apparecchiature altrimenti soggette a limitazioni. In pratica, era una sorta di lasciapassare che permetteva a Samsung e SK Hynix di mantenere attive le loro linee produttive in Cina senza interruzioni.
L’impatto della decisione non è trascurabile. Samsung produce a Xi’an circa il 40% della propria memoria NAND flash, componente cruciale per smartphone, server e dispositivi di archiviazione. SK Hynix, dal canto suo, ricava sempre il 40% della propria DRAM dallo stabilimento di Wuxi, uno degli impianti di riferimento per la produzione globale di memorie volatili utilizzate in PC e data center.
Includendo anche Intel (menzionata nell’avviso ufficiale ma che di fatto ha già ceduto le proprie attività di memoria a SK Hynix), il provvedimento segna un nuovo punto di frizione nella già complessa guerra tecnologica tra Stati Uniti e Cina. Ora le due aziende hanno 120 giorni di tempo per ottenere le licenze necessarie al fine di continuare a rifornire i loro stabilimenti in territorio cinese con macchinari e tecnologie soggette a restrizioni.
Resta da capire quali condizioni dovranno accettare Samsung e SK Hynix per convincere Washington a concedere le autorizzazioni. Negli ultimi mesi, casi simili hanno richiesto “tributi” significativi come nei casi di Nvidia e AMD, che per ottenere le licenze di esportazione hanno accettato una tassazione del 15% sulle vendite dei chip H20 e MI308 destinati al mercato cinese.
Il governo USA sta inoltre valutando se consentire a Nvidia di esportare in Cina chip basati sulla nuova architettura Blackwell, più potenti dei modelli attualmente in commercio, segnale che la partita sulle tecnologie avanzate è ancora apertissima.
SK Hynix ha fatto sapere manterrà una stretta comunicazione con i governi coreano e statunitense e adotterà le misure necessarie per ridurre al minimo l’impatto sulla nostra attività, mentre Samsung non ha ancora commentato la notizia. Il governo della Corea del Sud ha spiegato al Dipartimento del Commercio USA “l’importanza di un funzionamento stabile delle nostre aziende di semiconduttori in Cina per la stabilità della catena di approvvigionamento globale dei semiconduttori”, aggiungendo che continuerà le discussioni con Washington per ridurre al minimo l’impatto sulle aziende sudcoreane. Un portavoce del ministero del Commercio cinese ha dichiarato che Pechino “si oppone alla mossa degli Stati Uniti” e “prenderà le misure necessarie per salvaguardare risolutamente i diritti e gli interessi legittimi delle imprese”.
La mossa del Dipartimento del Commercio non arriva comunque come un fulmine a ciel sereno. Già lo scorso anno l’amministrazione Biden aveva introdotto restrizioni mirate alla vendita di memorie ad alta larghezza di banda (HBM), fondamentali per il funzionamento degli acceleratori di intelligenza artificiale. Quella decisione aveva limitato le possibilità di business di Samsung e SK Hynix in Cina, colpendo uno dei segmenti più promettenti e strategici del mercato.
La revoca dello status VEU rappresenta quindi un ulteriore passo verso una strategia di contenimento che mira a rallentare la crescita tecnologica di Pechino, soprattutto nei settori più sensibili come l’IA e il calcolo ad alte prestazioni.
La Cina resta un mercato centrale sia come sbocco commerciale, sia come polo produttivo per i grandi produttori di chip di memoria. Le restrizioni americane infatti non colpiscono soltanto Pechino, ma mettono in difficoltà anche i fornitori stranieri che operano sul territorio cinese. Per Samsung e SK Hynix si tratta inoltre di gestire un equilibrio delicato, ovvero rispettare le regole imposte dagli Stati Uniti ma al tempo stesso non compromettere la continuità operativa dei propri impianti in Cina, che rappresentano una quota sostanziale della produzione globale.
Non è un caso che negli ultimi mesi Pechino abbia intensificato gli investimenti nel settore semiconduttori e accelerato lo sviluppo di filiere domestiche, puntando a ridurre la dipendenza dalle tecnologie straniere. Parallelamente, grandi aziende cinesi come Alibaba stanno cercando di ridimensionare la propria esposizione a fornitori americani come Nvidia, sviluppando alternative interne per l’inferenza IA.