AIIP: il Digital Networks Act europeo ucciderà i piccoli provider e la net neutrality

La proposta di legge europea denominata Digital Networks Act (DNA), attualmente in fase di discussione, rappresenta secondo l’AIIP (Associazione Italiana Internet Provider) la più grave minaccia mai apparsa nei confronti della libertà e del pluralismo della rete in Europa. Se approvata, questa normativa rischia secondo l’AIIP di cancellare decenni di progressi, consegnando il controllo delle infrastrutture digitali nelle mani di pochi colossi industriali e finanziari, con conseguenze potenzialmente devastanti per consumatori, imprese e intere filiere produttive.
Il Digital Networks Act dovrebbe vedere la luce entro dicembre 2025 e non si configurerebbe come una semplice revisione del Codice europeo delle comunicazioni elettroniche, recentemente recepito nei vari ordinamenti nazionali, ma piuttosto come una radicale riformulazione della politica industriale europea per il settore delle telecomunicazioni. I primi documenti resi disponibili dalla Commissione Europea, nell’ambito della consultazione pubblica recentemente avviata, hanno già sollevato forti preoccupazioni circa il possibile contenuto definitivo del provvedimento.
Per contrastare questa iniziativa, AIIP ha lanciato la campagna #StopDNA, un appello rivolto non solo agli operatori del settore, ma anche ai cittadini europei, alle associazioni di categoria, ai consumatori, agli enti e alle istituzioni, affinché facciano sentire la propria voce a difesa dell’indipendenza della rete.
Dietro espressioni apparentemente neutrali come “semplificazione”, “competitività”, “efficienza” e “razionalizzazione”, si profila in realtà il rischio concreto della creazione di un oligopolio pan-europeo dominato da tre o quattro grandi operatori (spesso legati a gruppi extra-europei), che avrebbero il controllo pressoché totale dell’accesso alla rete e dei flussi di dati su scala continentale. In pratica, si tratterebbe di un ritorno indietro di trent’anni, cancellando i benefici che la liberalizzazione delle telecomunicazioni ha portato in termini di qualità, costi e disponibilità dei servizi.
L’aspetto più critico non riguarda solo il pluralismo nei servizi offerti agli utenti finali, ma soprattutto il pluralismo infrastrutturale, ovvero la possibilità di avere reti fisiche alternative e indipendenti, condizione indispensabile per garantire una concorrenza reale e stimolare l’innovazione tecnologica.
L’approvazione del DNA, nella sua attuale impostazione, metterebbe a rischio l’esistenza di centinaia di piccoli e medi operatori indipendenti presenti in tutta Europa, così come i punti di interscambio dati (IXP), i system integrator, i produttori di apparati di rete, gli installatori e un ampio indotto industriale che ha contribuito a rendere l’infrastruttura digitale europea una delle più efficienti e bilanciate al mondo. In Italia, inoltre, migliaia di posti di lavoro potrebbero essere messi in pericolo.
La riduzione della concorrenza comporterebbe inevitabilmente minore innovazione, minore scelta per i consumatori, minori investimenti e un aumento dei costi per gli utenti finali. È esattamente l’opposto degli obiettivi dichiarati dall’Unione Europea, che punta invece alla resilienza e all’indipendenza strategica. In un mercato oligopolistico, l’attuale accesso a servizi fissi e mobili di alta qualità a prezzi ragionevoli verrebbe sostituito da aumenti tariffari che penalizzerebbero pesantemente i cittadini.
Un ulteriore punto critico riguarda la neutralità della rete, principio fondamentale senza il quale l’internet europeo rischia di diventare una rete a doppia velocità, in cui i contenuti e i servizi di chi paga di più verrebbero privilegiati rispetto agli altri. In tale scenario, i grandi operatori avrebbero la facoltà di controllare e tariffare il traffico in modo discriminatorio, legittimando il controverso principio del fair share (la richiesta di un “pedaggio” da parte degli ISP ai grandi produttori di contenuti per il transito dei dati sulle loro reti) e trasferendo alla clientela ulteriori costi per servizi ormai essenziali come streaming, telemedicina e gaming.
AIIP denuncia inoltre il rischio di marginalizzazione delle autorità nazionali di regolamentazione, che negli anni hanno svolto un ruolo cruciale nel garantire la concorrenza e tutelare i diritti dei consumatori. Con il DNA, molte competenze passerebbero infatti direttamente a Bruxelles, svuotando i poteri locali proprio in ambiti dove la conoscenza delle specificità nazionali, come la gestione dello spettro radio o l’accesso fisico alle reti, risulta fondamentale per preservare un mercato equilibrato.
Per tutte queste ragioni, AIIP invita imprese, cittadini, associazioni, regolatori e rappresentanti politici a mobilitarsi tempestivamente. La consultazione pubblica avviata dalla Commissione Europea scade l’11 luglio 2025 e “c’è poco tempo per inviare contributi significativi che possano opporsi a questo progetto”, si legge nell’appello dell’associazione. Attraverso il sito #StopDNA è possibile approfondire i rischi concreti legati al DNA e “unirsi alla mobilitazione per difendere la libertà, il pluralismo e la sovranità digitale europea”.