L’amministrazione Trump ha introdotto una delle misure fiscali più controverse degli ultimi anni sottoforma dell’articolo 899 del pacchetto legislativo noto come “Big, beautiful bill”, approvato dalla Camera dei Rappresentanti. Denominata ironicamente “tassa della vendetta”, questa norma rappresenta un tentativo senza precedenti di utilizzare il sistema fiscale americano come strumento di rappresaglia contro le politiche tributarie di altri paesi, in particolare le tasse sui servizi digitali adottate da molte nazioni europee.

La sezione 899, ufficialmente denominata Enforcement of Remedies Against Unfair Foreign Taxes, introduce un meccanismo punitivo che autorizza il Dipartimento del Tesoro a classificare come “sleali” le tasse estere sui servizi digitali e a inserire i paesi che le applicano in una lista di “paesi stranieri discriminatori”. Una volta inclusi in questa lista, gli investitori e le aziende di tali paesi subiscono un aumento progressivo delle aliquote fiscali sui loro redditi americani.

Il sistema prevede un incremento annuale di 5 punti percentuali sulle tasse applicate a interessi, dividendi e altri redditi passivi percepiti da investitori stranieri, con la possibilità di raggiungere un aumento massimo di 20 punti percentuali. Questa misura colpisce un’ampia gamma di soggetti, inclusi governi stranieri, fondi sovrani, agenzie pubbliche, società e individui provenienti da paesi considerati fiscalmente discriminatori nei confronti delle imprese statunitensi.

La norma nasce come risposta diretta alle tasse sui servizi digitali introdotte da numerosi paesi europei, che colpiscono prevalentemente le grandi multinazionali tecnologiche americane come Google, Facebook e Amazon. L’amministrazione Trump considera queste tasse una forma di discriminazione fiscale mirata specificamente contro le aziende statunitensi, nonostante il loro carattere formalmente neutrale dal punto di vista nazionale.

Il presidente della Commissione Ways and Means della Camera, il repubblicano Jason Smith, ha dichiarato la speranza che l’articolo 899 funzioni principalmente come deterrente e non debba mai essere effettivamente applicato. L’obiettivo è quello di esercitare pressione sui paesi stranieri affinché revochino le loro tasse sui servizi digitali, utilizzando l’accesso al mercato finanziario americano come leva negoziale.

Il Joint Committee on Taxation del Congresso, organismo tecnico bipartisan incaricato di valutare gli impatti delle norme tributarie, ha prodotto un’analisi allarmante degli effetti potenziali della misura. Secondo i calcoli della commissione, nel breve termine la sovrattassa potrebbe generare un gettito di circa 116 miliardi di dollari nell’arco di dieci anni, ma questa prospettiva positiva si trasforma rapidamente in un quadro preoccupante.

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A partire dal 2028, infatti, gli effetti negativi supererebbero i benefici, trasformando il saldo in una perdita progressiva che raggiungerebbe i 12,9 miliardi di dollari all’anno nel 2033 e 2034. Questa inversione di tendenza deriverebbe dalla diminuzione della redditività delle aziende colpite e dalla conseguente svalutazione degli asset statunitensi sul mercato internazionale. Thomas Barthold, direttore della commissione fiscale del Congresso, ha evidenziato in una nota ufficiale che la misura produrrebbe tre effetti dannosi principali: una fuga di capitali stranieri dagli asset americani, un calo della domanda estera di investimenti diretti e finanziari negli Stati Uniti e un generale aumento dell’elusione fiscale da parte delle multinazionali straniere.

Wall Street ha interpretato il provvedimento come un ulteriore segnale della perdita di attrattività degli asset americani in seguito alle decisioni dell’amministrazione Trump. I mercati finanziari hanno già registrato segnali preoccupanti: il dollaro ha perso circa il 7% dall’inizio dell’anno, mentre i rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine sono aumentati significativamente. La situazione è ulteriormente complicata dal recente downgrade del rating sovrano americano da parte di Moody’s, che aumenta il rischio di una fuga di capitali dal debito pubblico statunitense, già di proporzioni considerevoli. Gli analisti finanziari temono che la sezione 899 possa accelerare questo processo, rendendo gli investimenti americani meno attraenti per gli investitori internazionali.

La “tassa della vendetta” rappresenta inoltre un’escalation significativa nelle guerre commerciali e fiscali internazionali. Utilizzando il sistema fiscale come strumento di politica estera, l’amministrazione Trump sta sfidando il principio tradizionale della cooperazione fiscale internazionale e dei meccanismi multilaterali di risoluzione delle controversie. Questa strategia unilaterale rischia di innescare una spirale di ritorsioni fiscali, in cui altri paesi potrebbero adottare misure simili contro gli investimenti americani. Il risultato potrebbe essere una frammentazione del sistema fiscale globale, con effetti negativi sui flussi di investimento internazionali e sulla crescita economica mondiale.

I paesi europei che hanno introdotto tasse sui servizi digitali si trovano ora di fronte a una scelta difficile. Da un lato, possono mantenere le loro politiche fiscali e affrontare le conseguenze della rappresaglia americana. Dall’altro, possono cedere alle pressioni statunitensi e rinunciare a entrate fiscali considerate legittime dalla maggior parte degli osservatori internazionali. La situazione è particolarmente delicata per l’Unione Europea, che sta lavorando a una strategia coordinata per tassare i giganti digitali. La sezione 899 potrebbe compromettere questi sforzi, costringendo i singoli paesi membri a scegliere tra la solidarietà europea e la preservazione dei rapporti economici con gli Stati Uniti.

L’aspetto più preoccupante della sezione 899 è il suo potenziale effetto boomerang sull’economia americana. Se la misura dovesse effettivamente scoraggiare gli investimenti stranieri negli Stati Uniti, le conseguenze per il mercato finanziario americano potrebbero essere devastanti. Gli Stati Uniti infatti dipendono fortemente dai capitali stranieri per finanziare il loro debito pubblico e sostenere la crescita economica. Una diminuzione significativa degli investimenti esteri potrebbe portare a un aumento dei costi di finanziamento per il governo americano, a una riduzione della liquidità nei mercati finanziari e a una perdita di competitività delle aziende statunitensi sui mercati globali. Paradossalmente, una misura pensata per proteggere le imprese americane potrebbe finire per danneggiarle.

Il destino della sezione 899 dipenderà ora dal Senato, dove la misura dovrà essere discussa e approvata. Anche se dovesse essere adottata, la sua implementazione pratica presenta numerose sfide tecniche e diplomatiche. Il Dipartimento del Tesoro dovrà infatti definire criteri precisi per identificare le “tasse sleali” e gestire le inevitabili controversie internazionali che ne deriveranno.

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